Bulgari, rom, bengalesi, libici: tutti in fila agli sportelli di Poste e Caf per intascare il reddito di cittadinanza. Il 6 marzo 2019 è il giorno in cui ha inizio la vera pacchia per gli immigrati.
Secondo le stime Istat saranno 1 milione e 300 mila le famiglie che avranno diritto al sussidio di stato: 2 milioni e 700 mila persone. Però nel reddito day sembrano pochi gli italiani che si affidano al sussidio, studiato e introdotto dal ministro del Lavoro, Luigi di Maio. Chi si aspettava file, caos e tensioni agli sportelli è rimasto deluso. Una partenza a rilento. Complice, forse, la grande attesa e la paura di andare incontro a file interminabili.
Il bilancio della prima giornata di pacchia registra 35mila domande: 29mila a mano e 6 mila on line. Tra Roma, Napoli e Milano la vera caccia al reddito è però scattata tra rom e immigrati. L'Istat calcola che alla fine saranno 300 mila gli stranieri che potranno incassare l'assegno pari 5 mila euro l'anno.
Nella Capitale almeno il 30 per cento non è italiano. La parola d'ordine viene ripetuta come un mantra: «Siamo venuti in Italia per trovare lavoro ma ci accontentiamo anche del reddito. Almeno paghiamo bollette o pigione di casa». Ma tra gli stranieri c'è il timore di non avere i requisiti. E allora? «Ce ne andiamo dall'Italia oppure siamo costretti a diventare manovalanza della malavita».
In tanti hanno un lavoro in nero. E dunque potrebbero ricevere comunque diritto al sussidio introdotto dal governo gialloverde. Per gli immigrati che vogliono entrare nella platea dei beneficiari del reddito sono necessari due requisiti: il permesso di soggiorno di lungo periodo e 10 anni di residenza. Ma anche chi non possiede i due requisiti non vuole rinunciare al reddito. E infatti sono pronti i ricorsi per sollevare il vizio di costituzionalità della legge. A patrocinare i ricorsi sarà l'avvocato Alberto Guariso dell'Associazione studi giuridici sull'immigrazione (Asgi) che negli ultimi anni ha visto accogliere molti ricorsi in materia di discriminazione. In attesa della soluzione giuridica, gli immigrati sperano di fare bingo, incassando i soldi.
Al Caf di Torpignattara (Roma) in fila per compilare i moduli sono in dieci: quattro stranieri. Spostandoci a Primavalle tra le persone in coda c'è Sanicolao di Capo Verde. Ha 43 anni e vive dal 1995 in Italia: moglie e due figli maggiorenni. Non ha un lavoro regolare. Al Giornale spiega di «essere un tuttofare: elettricista, giardiniere, idraulico: «La paga giornaliera è circa 60-70 euro ma senza continuità». E dunque spera in una stabilità economica, grazie al reddito di cittadinanza: «Devo mantenere la famiglia, pago luce, acqua, gas e affitto». Il reddito è una speranza per una vita agiata? «Sicuramente. Ma vorrei un lavoro. La vedo difficile in questo momento. In Italia non si vive bene». E se anche la domanda per il reddito dovesse andare male? «Vorrei andare in America. Altrimenti non c'è alternativa alla malavita». Al Caf di Colle Oppio, Maria, nazionalità bulgara ma in Italia da 20 anni, vuole il reddito. Anche qui il copione è identico: «Vorrei un lavoro ma mi accontento del reddito». Purtroppo non ha un lavoro regolare. Si è pentita di esser venuta in Italia? «Sì, vedo una situazione difficile, simile all'era post-comunista in Bulgaria».
Se il vicepremier Luigi Di Maio esulta, la Cei boccia la misura. Intanto l'iter è partito.
Il 15 aprile l'Inps sarà in grado di notificare ai cittadini che hanno fatto richiesta del reddito di cittadinanza se la domanda è stata accolta o respinta; nel giro di 2-3 giorni Poste convocherà il cittadino ed entro la fine del mese saranno pagate le rate del primo mese. Il commissario straordinario dell'Inps Pasquale Tridico ha fatto notare che la diffusione del reddito sarà omogenea sul territorio: 52,5% dei beneficiari sono nel Sud e nelle Isole e 46,5% nel Centro-Nord.
- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.