Sarà pure stata una «questione di protocollo», ma il presidente della Repubblica francese ieri è stato a Roma senza mettere piede al Quirinale. La «missione di Stato era in Vaticano», fanno sapere gli sherpa. Che confermano il colloquio tra Emmanuel Macron e il premier italiano Giuseppe Conte. Obiettivo: scorgere una «soluzione condivisa» sulla nave Lifeline prima di presentarsi da Papa Francesco senza risposte sui migranti e col peso dei respingimenti a Ventimiglia.
Roma è stata l'occasione di un secondo «battesimo». Macron si è sempre dichiarato «agnostico», pur mostrando attenzione ai cattolici. La sua prima visita in Vaticano scolpisce però una fase nuova: usare la religione a scopi di politica interna per dare un messaggio ai cattolici.
Dopo un anno di Eliseo, i porti chiusi ai migranti e l'inasprimento della legge asilo e immigrazione, Macron è in difficoltà. Ma il 9 aprile ha incontrato i vescovi francesi iniziando la mutazione: «Un presidente che si disinteressa dei cattolici e della Chiesa mancherebbe al suo dovere». La laicità dell'Eliseo è stata immediatamente messa in discussione dalla gauche, per aver detto di attendere «tre doni» dai cattolici: saggezza, impegno e libertà. Doni che sono evidentemente arrivati ieri, nell'incontro col Papa e soprattutto nel congedo, con una «carezza» spontanea (o forse no) rivolta da Macron al Santo Padre. La mano sulla spalla destra di Bergoglio, Francesco che gli stringe il braccio sussurrandogli qualcosa, come a richiamare ciò di cui hanno parlato. Complicità, colta anche dalla moglie Brigitte.
Barack Obama era rimasto col Pontefice 50 minuti, come il turco Erdogan; Donald Trump 30. Macron fa il record: 57 minuti. Torna a Parigi con i «doni» di Francesco: un medaglione con San Martino che divide il suo mantello con un povero. Un confronto «costruttivo» con la comunità di Sant'Egidio e forse qualche voto cattolico in più.
La gauche si è di nuovo infuriata e pure la destra francese (consapevole che quella di Macron è stata più di un'apertura alla Chiesa). Ieri il leader di En Marche! ha proiettato un messaggio elettorale: essere anche il presidente dei tradizionalisti, attento ai temi dell'identità e della famiglia. Non come l'Hollande dei matrimoni gay, che col Vaticano discusse per la nomina di un ambasciatore omosessuale.
All'incontro col Papa è seguita la tappa alla Basilica di San Giovanni per prendere possesso del titolo di protodiacono d'onore del capitolo lateranense. Onorificenza discussa che i suoi predecessori socialisti avevano rifiutato. Lui, come Nicolas Sarkozy, l'ha invece accettata assecondando la tradizione risalente al 1604 e ad Enrico IV. Al fortissimo riflesso sulla destra praticante, scattato dopo le parole ai vescovi, si aggiungono i messaggi del Papa: «La vocazione dei governanti è di dare aiuto ai poveri» ha spiegato Bergoglio a Macron traducendo il medaglione. Le copie in francese degli scritti: l'enciclica sulla cura del Creato, Laudato sii, l'esortazione sulla famiglia Amoris Laetitia e quella sul Vangelo, Evangelii Gaudium, oltre al documento Gaudete et Exultate, «sulla classe media della santità».
Il vero bagno di realtà per Macron c'è stato a Palazzo Farnese (sede dell'ambasciata francese), dove ha ricevuto la delegazione della Comunità di Sant'Egidio sul tema delle migrazioni dai Paesi africani.
Intanto in mattinata a Parigi nel campus di Saint-Denis, occupato dal 30 gennaio con il consenso della preside (che chiede la regolarizzazione dei 130 sgomberati) e degli studenti, scattava il blitz degli agenti coi lacrimogeni. Un intervento motivato da casi di scabbia nelle sale dei corsi trasformati in dormitorio. Un altro esempio di doppia faccia di Macron.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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