Che affare per Erdogan: entra ad Afrin e dall'Ue incassa un gettone da tre miliardi di euro per gestire l'immigrazione nel vecchio continente. Due mesi dopo il lancio dell'operazione «Ramo d'Ulivo», l'esercito turco e i ribelli dell'Esercito libero siriano hanno ottenuto «il pieno controllo» del centro della città situata nell'omonima enclave curda nel nord della Siria. Il fronte curdo non ci sta e annuncia di voler combattere fino alla liberazione, («le nostre forze sono dappertutto ad Afrin e diventeranno il loro incubo»), perché «la nostra guerra contro l'occupazione turca e le forze militanti chiamate Esercito libero siriano è entrata in una nuova fase, dal confronto diretto a una tattica colpisci e scappa». E parla apertamente di genocidio.
Le bandiere turche svettano nel centro della città, nonostante la popolazione curda sia stata tra le più attive nel combattere i terroristi islamici dell'Isis. Secondo Salih Muslim, l'ex co-presidente del Partito dell'Unione Democratica (Pyd), principale partito al governo nella regione curda siriana del Rojava, «la lotta continuerà e il popolo curdo continuerà a difendersi», ha cinguettato su Twitter dopo gli annunci in pompa magna di Ankara. Arrestato a Praga un mese fa, su ordine direttamente giunto da Erdogan, Muslim è stato rilasciato con la condizione di collaborare e di restare all'interno dell'Ue. Ma in Turchia sono certi che il suo partito sia legato a doppia mandata al Pkk (Partito dei lavoratori del Kurdistan), da qui gli strali del regime di Erdogan che si sono abbattuti anche sulla statua del fabbro Kawa, demolita da un bulldozer perché simbolo della cultura curda nel centro di Afrin, quindi pericolosa. Secondo i curdi sino a oggi sono stati uccisi 500 civili tra cui donne e bambini, anziani e giovani dal fuoco d'artiglieria e dai raid aerei, con almeno mille feriti. Mentre il regime di Erdogan risponde con il numero 3603: ovvero i terroristi che sono stati neutralizzati dalle Forze armate turche in Siria settentrionale dal 20 gennaio scorso. Nel mezzo spicca il voucher da 3 miliardi che da Bruxelles arriva ad Ankara, ma proprio nel giorno del secondo anniversario dell'accordo Ue-Turchia sui migranti, ecco che i nuovi danari inviati sono accompagnati da due fatti significativi: il naufragio di 16 migranti al largo dell'isola greca di Agathonisi (morti assieme a 5 bambini per la cocciutaggine dello scafista turco) e la nota stonata di MSF che invita le autorità greche ed europee a «porre fine alla politica di contenimento che mette in pericolo la vita delle persone vulnerabili». E chiede «di continuare a intensificare i trasferimenti dei migranti e richiedenti asilo nella parte continentale della Grecia, dove è indispensabile aumentare la capacità di accoglienza, e di riattivare la loro ricollocazione negli Stati Ue».
Proprio nella parte continentale della Grecia, gli hotspot allestiti in fretta e furia dal governo Tsipras, dove gli addetti hanno contratti super precari di due mesi, sono tutt'altro che controllati, come quello alle Termopili dove i 500 ospiti devono solo far ritorno la sera per il pernotto.
Ma l'appello nominale si fa solo una volta a settimana, con un conseguente altissimo rischio di infiltrazione e quindi di radicalizzazione, dal momento che di giorno sono liberi di uscire e andare nelle città vicine. Serve solidarietà, ha scritto il presidente del Parlamento Ue Antonio Tajani, «l'Ue ha dormito per troppo tempo». E questi sono i frutti.twitter@FDepalo
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