Subito dopo la cattura di Cesare Battisti in Bolivia, a gennaio, si era tornati a parlare degli altri latitanti storici fuggiti all'estero e che da decenni non è possibile estradare. In particolare gli ex brigatisti - il governo italiano ha stilato una lista di 15 - che si sono rifugiati in Francia. Matteo Salvini, allora ministro dell'Interno, aveva dichiarato: «Stiamo lavorando per riportare in Italia alcuni terroristi e assassini che devono scontare l'ergastolo, andato in giudicato, e che sono attualmente in vacanza in Francia», tra di loro Giorgio Pietrostefani (Lotta Continua) e Marina Petrella. Nel frattempo però, senza troppo rumore, sul piano politico è arrivata una svolta.
Il Parlamento italiano ha ratificato la Convenzione per l'estradizione tra gli Stati membri dell'Ue, firmata a Dublino il 27 settembre 1996. Il testo rimuove gli ostacoli che finora hanno impedito il rientro di molti latitanti. A cominciare dal muro dei reati definiti «politici» fino all'impedimento, più tecnico, relativo alla prescrizione. L'approvazione definitiva del ddl di ratifica della Convenzione, il 1307, al Senato stata votata l'11 luglio scorso dopo il via libera della Camera di maggio. Come previsto, il 7 agosto l'atto è stato notificato al Segretario generale del Consiglio dell'Unione europea. L'entrata in vigore delle nuove regole è fissata a 90 giorni dalla notifica dell'ultimo Paese membro che ha ratificato. Che è appunto l'Italia. Si parte quindi il 7 novembre.
Dei 14 Stati membri dell'Ue alla data della firma della Convenzione, solo l'Italia non l'aveva ratificata. Proprio la Francia è stata l'ultima prima di noi, nel 2005. Gli altri (Belgio, Germania, Lussemburgo, Paesi Bassi, Danimarca, Irlanda, Regno Unito, Grecia, Portogallo, Spagna, Austria, Finlandia) lo hanno fatto a partire dal 1997. L'accordo è aperto all'adesione di qualsiasi Paese diventato membro dopo il 1996. La Convenzione è composta da 20 articoli. L'articolo 5 è fondamentale: «Ai fini dell'applicazione della presente Convenzione - recita - nessun reato può essere considerato dallo Stato membro richiesto (cioè quello che riceve la richiesta di estradizione, ndr) come un reato politico, un fatto connesso con un reato politico ovvero un reato determinato da motivi politici». Un cambio epocale, anche se c'è un cavillo. Parlando della Francia, il governo di Parigi all'atto della notifica ha, come gli permetteva la Convenzione stessa, messo alcuni paletti. Ha dichiarato (non è il solo Paese) che applicherà l'articolo 5 solo per i reati compresi negli articoli 1 e 2 della Convenzione europea per la repressione del terrorismo del 1977. Si tratta, tra l'altro, di delitti come il rapimento, reati commessi con l'uso di bombe o armi automatiche, reati gravi che comportino «un atto di violenza (...), contro la vita, integrità fisica o libertà di una persona».
Anche l'articolo 8 della Convenzione sull'estradizione è molto importante. Lo scoglio della prescrizione, sempre nei rapporti con la Francia, è stato fin qui uno dei maggiori. La legge francesi infatti ha limiti massimi di prescrizione di 30 anni, anche per l'omicidio. Al contrario in Italia i reati puniti con l'ergastolo non si prescrivono. «L'estradizione non può essere rifiutata - impone ora l'articolo 8 - per il motivo che secondo la legge dello Stato membro richiesto l'azione penale o la pena sono prescritte». La consegna del condannato non può essere negata neppure nel caso in cui la legge dello Stato membro richiesto non preveda «lo stesso tipo di misura di sicurezza privativa della libertà contemplata» nello Stato richiedente (articolo 2). L'articolo 6 infine si occupa dei reati fiscali. Stabilisce che l'estradizione deve essere concessa anche se il Paese richiesto non impone lo stesso tipo di tasse del Paese richiedente. «Tecnicamente si tratta di una svolta - osserva il relatore della legge al Senato, il leghista Emanuele Pellegrini -, poi vedremo come agiranno le singole autorità giudiziarie nel vagliare le domande di estradizione.
Il nostro impegno politico e legislativo è stato quello di riportare in Italia persone condannate per reati gravissimi. Nel rispetto dei familiari delle vittime e di chi è stato colpito da quei delitti. Abbiamo voluto abbattere gli ostacoli, ora abbiamo a disposizione un nuovo importante strumento».
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