Un'altra casella dell'euroburocrazia sta per ammainare il tricolore. E che casella: sta per liberarsi la posizione di vice segretario generale del Parlamento europeo, la seconda carica non politica più importante dell'assemblea dopo quella del segretario generale Klaus Welle, tedesco vicino alla Cdu di Angela Merkel. A occuparla fin dal 2009 la napoletana Francesca Ratti, che si avvia verso il termine del mandato.
Una ghiotta occasione per le manovre di Martin Schulz, il presidente dell'Europarlamento, che da tempo si sta giocando il tutto per tutto con l'obiettivo di garantirsi la riconferma per un altro mandato. Il socialista tedesco, diventato famoso dopo lo scontro con Silvio Berlusconi che lo paragonò a un «kapò» nazista, sta spingendo per piazzare il suo capo dello staff Markus Winkler, un fedelissimo al suo fianco da anni, al posto di Francesca Ratti. Quella di Schulz è una manovra che si inserisce in una campagna di occupazione di posti chiave che il socialista tedesco sta perseguendo con brutale determinazione da tempo, tanto che ad aprile 2014 l'Europarlamento approvò una risoluzione in cui si denunciava che «cinque membri dello staff del presidente sono stati designati per posti da direttori generali o direttori nell'amministrazione del Parlamento» e aggiungendo che si criticava «il sequestro politico delle posizioni manageriali che mina le regole della nomina dello staff». Alla fine la manovra fu in parte rintuzzata e Winkler restò fuori dalle nomine. Ma evidentemente Schulz non si è arreso e perfino il malessere degli euroburocrati è venuto a galla. Sul sito Politico Anne Vitrey, direttrice del Bilancio, un'altra funzionaria che potrebbe essere sostituita con un uomo del tedesco pigliatutto, ha parlato apertamente di politicizzazione delle nomine contraria allo spirito di selezione indipendente dei quadri dirigenti europei e di «pressioni» sia pure non esplicite.
La guerra di Schulz non pare avere uno specifico carattere italiano, ed è osteggiata anche all'interno del partito socialista europeo, che vorrebbe uno spagnolo al posto di Francesca Ratti, ma il risultato finale è sempre lo stesso: il portafoglio di funzionari italiani nei ranghi europei, tra Parlamento e Commissione, si va sempre più assottigliando. A ottobre 2014 fu silurata Paola Testori Coggi, che era a capo della direzione generale Salute e Consumatori. Poi è venuto il turno di Carlo Zadra, unico italiano nel gabinetto del presidente Juncker. Si dimise dopo che le sue deleghe erano state svuotate dal capo di gabinetto Martin Selmayr, un altro tedesco. Renzi ne chiese la testa, ma Selmayr non solo è rimasto al suo posto ma, arrivato a Palazzo Chigi in occasione di una visita di Juncker, lo ha salutato con un inchino burlescamente esagerato. Alla fine Selmayr è rimasto ben saldo al suo posto, mentre Renzi nel frattempo ha cambiato due ambasciatori a Bruxelles. Poco dopo il siluramento di Zadra aveva inviato Carlo Calenda a rimpiazzare Stefano Sannino. Pochi mesi dopo l'ha richiamato per fare il ministro dello Sviluppo economico e l'ha sostituito con l'ambasciatore Maurizio Massari. Intanto l'Italia sta per perdere anche Giovanni Kessler, il magistrato trentino che guida l'organismo antifrode, l'Olaf.
E se
Schulz l'avesse vinta e riuscisse a farsi riconfermare, l'Europarlamento si ritroverebbe per la prima volta con tre tedeschi nelle tre posizioni più importanti. Così. Tanto per smentire la vulgata dell'Europa germanizzata.
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