Facebook censura i bebè ma si inchina alla "jihad"

Il social network rimuove persino la foto di una madre che partorisce, ma non tocca i siti islamisti che minacciano i giornalisti. Nonostante l'ingiunzione di una Procura

Facebook censura i bebè ma si inchina alla "jihad"

Vietato pubblicare foto di una madre che ha appena partorito, giudicata troppo provocante per gli standard di Facebook, così pure «L'origine del mondo» di Gustave Courbet (troppo osè, anche se è un capolavoro del realismo francese) o la foto della «Sirenetta» di Copenaghen (troppo scoperta), tantomeno usare la parola «zingari» (costata a Salvini una sospensione dal sito) o pubblicare l'immagine di un salame (offende i vegetariani). Sempre su Facebook, però, è possibile insultare e minacciare di «punizioni severe» in quanto «nemica dell'Islam» una giornalista, sicuri che la richiesta di rimozione verrà respinta («rejected») dal colosso americano, anche se a chiederlo è una Procura.

La cronista del Resto del Carlino Benedetta Salsi si è macchiata di una colpa grave agli occhi di alcuni siti islamisti: aver scritto su Luca Aleotti, alias Saif-Allah («spada di Dio»), un trentenne disoccupato di Reggio Emilia (padre italiano, madre di origni marocchine), finito sotto indagine dalla Procura di Bologna per aver inneggiato alla «sottomissione ad Allah» dopo le stragi di Parigi e ora in regime di sorveglianza speciale. Sulle pagine Facebook «Musulmani d'Italia» e «Islam Italia», dopo gli articoli, sono apparsi una foto della giornalista presa da internet, informazioni personali su suo conto, quindi «pesanti calunnie e invenzioni riguardanti la mia sfera personale e intima - racconta la cronista -, allusioni sessiste e volgarità», e quindi la sentenza: «Per lo statuto giuridico islamico questi atti sono punibili severamente». Una evidente minaccia, cui è seguita una denuncia, l'apertura di un fascicolo in Procura per minacce aggravate e diffamazione, e la richiesta del pm di rimuovere quei contenuti, a cui però Facebook ha risposto un secco «no» («Rilanceremo e faremo il possibile per arrivare a un risultato» replica il procuratore capo di Reggio Emilia).Nel frattempo le pagine Facebook «Islam Italia» e «Musulmani d'Italia» vanno avanti, con un avviso al caporedattore del Carlino («Continua la sua gogna mediatica contro i musulmani in Italia, pensando che per i giornalisti islamofobi tutto è permesso», e insieme il poster di «Altrimenti ci arrabbiamo»), riletture islamiste della Pasqua cristiana («La Pasqua è una festa SATANICA, Gesù non è morto sulla croce»), frequenti apprezzamenti al Giornale («quotidiano nemico dell'Islam»), considerazioni sulla carneficina di Bruxelles («frutto di decenni di colonizzazione, invasioni, violenze e abusi di ogni tipo da parte dell'occidente democratico»).

Per Facebook però è tutto in regola, niente che violi gli «Standard della comunità» stabiliti dal gigante di Menlo Park (California), molto rigidi invece quando si tratta di innocue foto femminili o affermazioni politicamente uncorrect (pure una parodia romanesca del guru Osho che adopera il termine «froci» è stata cancellata), subito rimossi dal social network. Dove invece si possono trovare pagine che pubblicizzano sbarchi e traversate in Italia dalla Libia a bordo di gommoni per 4mila dollari circa (si paga rigorosamente cash), e anche qui la società di Zuckerberg non ha nulla da ridire.In effetti il business sembra l'unica religione del sito più diffuso sul pianeta. Facebook è presente anche nei paesi musulmani (dai ricchi paesi del Golfo al nord Africa alla Turchia fino all'Indonesia) ed è classificato addirittura come terza fonte di notizie nel mondo arabo dietro le tv Al-Jazeera e Al-Arabiya. Meglio non inimicarsi gli arabi, anche se il fondatore Zuckerberg è ebreo (tra i dieci ebrei più influenti al mondo secondo una graduatoria del Jerusalem Post), come spiega in un post del 2015 dopo gli attentati a Parigi «come ebreo i miei genitori mi hanno insegnato a difendere tutte le comunità.

Se sei un musulmano, come fondatore di Facebook voglio che tu sappia che sei sempre il benvenuto qui e che combatteremo per proteggere i tuoi diritti e creare un ambiente pacifico e sicuro per te». Anche a costo di lasciare minacciare i giornalisti che osano scrivere articoli sui rischio jihad in Italia.

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