Prima dice che se ne va. Poi smentisce. Poi di nuovo fa sapere che la sua avventura nel Pd è finita. Insomma, l'addio di Stefano Fassina al Partito democratico sembrava un tormentone. Ora è arrivata la conferma. "Ieri in una sede del partito di Capannelle ho, con sofferenza, annunciato che ho lasciato il Pd". Lo dice in una conferenza stampa alla Camera, confermando di essere uscito dal partito. "L’ho fatto in un circolo della periferia romana perchè lì sono le mie radici, le persone che dobbiamo rappresentare e le persone a cui devo dare risposte. La scelta di mettere la fiducia sul ddl scuola è una scelta grave e insostenibile per il Pd", ha spiegato Fassina.
Già al quotidiano La Stampa aveva ribadito la propria scelta: "Lascio il Pd, lo faccio perché sostanzialmente le politiche del governo non rappresentano il mandato che gli elettori ci hanno dato". Ma cosa farà ora il deputato? O meglio, dove andrà? Lui qualche idea ce l'ha. Dice di voler mettere insieme "anche altri che lasceranno il partito e che sono stati meno sotto i riflettori di me, ma con i quali condividiamo la stessa passione politica e gli stessi obiettivi di sinistra". Insomma, un nuovo contenitore che si collochi stabilmente a sinistra. E lo sguardo, ovviamente, va a Pippo Civati, che qualche settimana fa ha lanciato il movimento "Possibile". Ma non solo a lui. Fassina vorrebbe mettere insieme tutti quelli che dopo l'avvento di Renzi si sono sentiti, piano piano, sempre più emarginati e delusi. E che, insomma, non ci credono più. Si pensa ad esempio a Sergio Cofferati, l’ex numero uno della Cgil che ha sbattuto la porta dopo le durissime polemiche divampate in Liguria per le primarie.
"Il 4 luglio a Roma - dice Fassina in conferenza stampa a Montecitorio - insieme a Monica Gregori, Pippo Civati, Sergio Cofferati, Luca Pastorino, Daniela Lastri e altri uomini e donne che hanno lasciato il Pd e si sentono abbandonati dal Pd, ci ritroveremo per avviare un percorso politico sui territori". L'assemblea nazionale degli ex Pd si terrà al Palladium di Roma.
"Un percorso - prosegue - che possa raccogliere quelle tante energie che in questi mesi sono andate nell'astensionismo e sono tornate a casa".
Dopo infiniti battibecchi con il governo e il suo partito, Fassina ieri ha preso di nuovo le distanze da Palazzo Chigi, in materia di riforma della scuola. "La scelta del governo di porre il voto di fiducia sul disegno di legge sulla scuola è uno schiaffo al Parlamento e all’universo della scuola che in questi mesi si è mobilitato per un intervento innovativo e di riqualificazione della scuola pubblica. Il testo del maxi emendamento predisposto dal governo si limita a qualche ritocco cosmetico senza dare le risposte necessarie al fine di cancellare la chiamata dei docenti da parte dei presidi, di introdurre un piano pluriennale di assunzione degli insegnanti precari, di rivedere l’iniquo finanziamento alle scuole private e, infine, di ridefinire le norme di delega". Poi, in un crescendo di durezza: "Il Pd mette la fiducia su un testo che contraddice profondamente il programma sul quale siamo stati eletti. Un testo ispirato nel suo principio guida alla riforma Aprea, sottosegretaria del governo Berlusconi.
È inaccettabile il ricatto sulle stabilizzazioni. No al voto di fiducia".Con Stefano Fassino ha detto il suo addio al partito anche Monica Gregori, che ha aggiunto: "Ripartiremo con Sel il 4 luglio. Il cambiamento non è più possibile restando nel Pd".
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