"Fatturo 1 milione di euro offrendo consigli sul Web"

A 12 anni aveva già un suo sito d'informatica, oggi vanta 9 milioni di lettori «I miei volevano un condizionatore, io li costrinsi a comprarmi il computer»

"Fatturo 1 milione di euro offrendo consigli sul Web"

Se vi capita di cercare su Internet la risposta a un quesito informatico riguardante il computer, la Rete, Windows, Word, Outlook, Excel, Acrobat, l'account di posta elettronica o i contatti del telefonino, il primo risultato che vi appare su Google è il suo volto occhialuto e barbuto, quasi da miliziano dell'Isis, rischiarato da un accenno di sorriso e dallo sguardo adorante rivolto verso il cielo: complimenti, avete conosciuto Salvatore Aranzulla. Se poi formulate la domanda «come diventare blogger su Internet», vi compare ancora lui: congratulazioni, Salvatore Aranzulla ha la risposta che fa per voi. Se invece digitate «proteggersi dai virus e dai trojan», rieccolo di nuovo: felicitazioni, Salvatore Aranzulla sa come corazzarvi.

Siete fermi alla penna stilografica e non avete mai usato un pc o un cellulare in vita vostra, però v'interessa scoprire come sia possibile mettere insieme 1 milione di euro l'anno senza muoversi da casa propria? Rallegramenti: state per leggere l'intervista con l'uomo giusto, Salvatore Aranzulla, socio unico della Aranzulla Srl, sede legale in piazza della Repubblica 10, a Milano, che a soli 24 anni ha chiuso il 2014 con questo ragguardevole fatturato. E non è la prima volta che gli capita.

Ecco il più fulgido esempio di come, nell'era del Web, a chiunque sia offerta l'opportunità d'inventarsi un lavoro che prima non c'era, trasformandolo in un solido business. Salvatore Aranzulla si autodefinisce «il più autorevole e conosciuto divulgatore informatico in Italia con 9 milioni di lettori al mese e 20 milioni di pagine viste al mese». Il suo sito, Aranzulla.it, fondato nel 2002, rimanda direttamente al blog Aranzulla.tecnologia.virgilio.it, collegato fin dal 2008 allo storico portale, il primo apparso in Italia. Ma dall'anno scorso Aranzulla firma anche le spiegazioni tecnologiche su Totaltech.it, che si aprono quando gli internauti cliccano sulla rubrica «Computer» nel portale competitor, Libero.it.

Un monopolista del sapere digitale, insomma. Tanto amato, quanto odiato, a riprova che Charlie Chaplin aveva torto nel sostenere che il successo rende simpatici. Per Nonciclopedia «è principalmente un uomo inutile» e «un buffo personaggio». La corrosiva parodia di Wikipedia lo liquida con questa definizione: «Salvatore Aranzucca, per gli amici cocozza per la sua testa a forma di melone, è un sedicente, anche un po' seducente, e inizialmente sedicenne (in realtà sono circa 8 anni che ha 16 anni), “blogger” e cacciatore di bachi da seta». Aranciulla l'altro nomignolo che gli hanno affibbiato. Il resto è da querela, o giù di lì: «Paga la gente per commenti che appaiono sul suo blog come: “Grazie Salvatore... Sei un vero mago dell'informatica, senza di te non saprei proprio cosa fare”».

In realtà accade l'esatto contrario: è Aranzulla a venir pagato, e piuttosto bene, per il traffico commerciale che genera su Internet dispensando alla gente soluzioni tecniche, trucchi e consigli per gli acquisti o semplicemente ospitando gli annunci a pagamento di Google adsense. Calcustat gli accredita cifre sbalorditive: 1,79 milioni di pagine viste al giorno; 1,43 milioni di visitatori unici (il pur seguitissimo Dagospia si ferma a 116.000, giusto per dare un'idea); 5.366 dollari di entrate quotidiane; 3,92 milioni di dollari il valore del sito. Secondo Nielsen, l'istituto di ricerca indipendente con sede a New York che misura l'audience dei mass media, su 30 milioni d'italiani che si collegano abitualmente alla Rete, ben 3,3 milioni finiscono per abbeverarsi agli oltre 5.000 contenuti messi online dal giovanotto in 12 anni di attività. Il che fa di Aranzulla.it il primo sito d'informazione tecnologica nel nostro Paese. Tanto da ricevere una media di 1.000 mail al giorno con richieste di aiuto e almeno 800 messaggi su Facebook, dove conta oltre 250.000 fan.

Tutto merito dei 40 gradi di temperatura che si raggiungono d'estate a Mirabella Imbaccari (Catania), dove vive la famiglia Aranzulla, formata da Giovanni, infermiere all'ospedale di Caltagirone, e Maria Ferro, casalinga, e dai loro quattro figli (Salvatore è il primogenito; l'ultimo, Davide, ha 14 anni). «Nell'agosto del 2001, undicenne, andai con papà e mamma in un negozio di elettrodomestici. Volevano acquistare un condizionatore. Appena dentro, vidi la parata di computer in esposizione, con i monitor illuminati. Insistetti e piansi talmente tanto che alla fine i miei genitori, impietositi, dovettero acconsentire ad acquistarmene uno. Ricordo che era equipaggiato con Windows Me».

Chi le insegnò a usarlo?

«Enzo Giarrizzo, un tecnico amico di mio padre, che purtroppo è mancato prematuramente. Andavo da lui e stavo a guardare. Non è che a Mirabella Imbaccari ci fosse molto altro da fare».

Basta per improvvisarsi esperti?

«Ho studiato anche sul sito Html.it. Ho cominciato a compilare da solo le prime pagine da mettere sul Web. A 12 anni già avevo il mio sito e diffondevo una newsletter d'informatica. A 14 mi cercò Massimo Mattone, direttore dei mensili Internet Magazine e Win Magazine, per affidarmi una rubrica».

La pagavano?

«Sì, 15-20 euro a cartella. Con le edizioni Condé Nast sono arrivato a 200 euro».

E poi?

«A 17 anni pensavo di diventare criminologo. M'interessavano le problematiche legate alla sicurezza e alla prevenzione dei reati e ci scrissi anche un libro, cui ne seguirono altri quattro per Mondadori Informatica, uno dei quali allegato al mensile Focus. Finito il liceo scientifico, mi trasferii a Milano per frequentare la Bocconi. Mi sono laureato da pochi mesi in economia aziendale e management. Il mio sito mi ha seguito nel monolocale di 20 metri metri quadrati che ho affittato in zona Porta Romana».

Il suo sito è lei.

«Esatto. Anche se a volte ricorro all'aiuto di 15 collaboratori esterni».

Stando fermo in 20 metri quadrati guadagna 5.366 dollari al giorno.

«Gestisco il sito ovunque mi trovi. Spesso a Milano mi capita di lavorare mentre pranzo da Panino giusto. Il fatto che il sito sia valutato 5 milioni di dollari non deve indurre a conclusioni affrettate: le stime sono fatte sul mercato americano, dove i banner pubblicitari vengono pagati più che in Italia. In termini di valore relativo i ricavi sono calati. Se appaiono in aumento, è solo perché dall'anno scorso i miei visitatori sono raddoppiati, passando da 200.000 a 400.000».

Chi lo ha stabilito?

«Google analytics».

Come?

«Inserendo un codice nel sito, che genera un cookie, cioè un file nascosto sul pc dell'utente per registrarne gli accessi».

E Google quante visite le assegna?

«Dodici milioni, con 6 milioni di utenti unici, vale a dire persone che non eseguono accessi multipli. Invece Nielsen, che basa i propri calcoli su un panel d'internauti costantemente monitorato e consente così ai suoi clienti di pianificare la pubblicità, mi mette al primo posto nel segmento computer news, con una quota di mercato del 35 per cento».

Il suo concorrente diretto chi è?

«Il gruppo Banzai, che però è un aggregatore di siti diversificati con vari canali, come Altervista, Liquida, Studenti.it, Il Post. Per la sola tecnologia, il secondo posto spetta a Smartworld, con una quota di mercato del 16 per cento».

Perché Aranzulla compare sempre in testa ai risultati di Google quando si esegue una ricerca d'informatica?

«Perché offro una risposta ai quesiti più frequenti, tipo “come faccio a configurare Emule?” oppure “quale cellulare comprare a 200 euro?”. Il 95 per cento dei miei articoli soddisfa le prime tre domande poste a Google dai navigatori».

La più gettonata attualmente qual è?

«Come rendersi invisibili su Whats app».

Davide Pozzi, esperto del ramo, dice che Aranzulla trionfa perché non usa figure retoriche, metafore, espressioni idiomatiche e slang, tutte strutture linguistiche che non consentono a Google di determinare il senso delle frasi. In pratica lei avrebbe penetrato i segreti de ll'ottimizzazione dei motori di ricerca.

«Scrivo come un dodicenne: soggetto, predicato, complemento oggetto. Cerco di farmi capire indipendentemente da età, grado d'istruzione e competenze linguistiche di chi mi legge. Non do nulla per scontato. Faccio l'esatto contrario di voi giornalisti».

Qual è il quesito più ricorrente da quando fa il blogger informatico?

«Come rendere più veloce il pc».

C'è un modo?

«Sì, adottando le unità a stato solido, in sigla Ssd, che hanno mandato in pensione gli hard disk classici. Solo che costano di più e durano di meno».

Ho letto che esordì scoprendo vistose falle della sicurezza nei siti di Google, Microsoft e Poste italiane.

«Mi accorsi che si potevano clonare i cookie e spacciarsi per un altro utente. I tre colossi corsero subito ai ripari».

E alla fine che cosa ci guadagnò?

«Niente. Google m'inviò una maglietta pubblicitaria a manica corta».

Quali rischi informatici corriamo?

«Il più grosso è che stiamo tutti spostando i nostri dati - mail, file, foto, filmati - su Internet, sulle cosiddette “nuvole”».

Google drive, Dropbox o Icloud non sono sicuri?

«I primi due li uso anch'io. Sono sicuri a patto di escogitare una password lunga e complicata, di almeno 8 caratteri, contenente numeri e segni grafici strani».

I virus dei computer come si battono?

«Installando un antivirus e mantenendolo aggiornato. Consiglio Avg, che nella versione gratuita è già molto efficace. Il migliore a pagamento è Bitdefender».

Che fa? Si mette a infilarmi la pubblicità nelle risposte?

«Tutti i suggerimenti che dispenso sul mio sito sono indipendenti dagli inserzionisti. Quando consiglio l'acquisto di un certo prodotto su Amazon, ma solo perché funziona bene e lì costa meno, la compagnia di Jeff Bezos mi riconosce una piccola commissione se esso viene ordinato entro 24 ore dall'accesso di quel dato utente».

I cellulari sono immuni dai virus?

«Sì, per ora. Ma in 18 mesi gli accessi da smartphone al mio sito sono passati da zero al 30 per cento. Il traffico Internet da dispositivi mobili aumenta a velocità impressionante. Ergo, sarà il prossimo bersaglio dei pirati informatici».

Che consigli dà a un disoccupato?

«Di mettersi in gioco».

Non significa nulla.

«Gli consiglio di diventare imbattibile in qualche cosa. Io, per esempio, ho deciso da poco di fare il pasticciere».

Ma senti.

«Un anno fa mi sono iscritto a un corso dell'Alma, la scuola internazionale di cucina diretta da Gualtiero Marchesi. Mi restavano da dare 10 esami alla Bocconi. Di giorno lavoravo e di notte studiavo: 5 ore di sonno, niente vacanze, sui fornelli anche il sabato e la domenica. A settembre sono stato ammesso al corso superiore. È finito la domenica. Il lunedì ero già in università per la prova di diritto pubblico. Mi sono laureato nei termini giusti. I miei compagni di studi la sera andavano in discoteca. Non hanno ancora dato la tesi e non sanno leggere un bilancio. Io almeno so fare le torte».

Dall'informatica all'infornata.

«È una passione che ho ereditato da mia nonna Pina. A 80 anni ancora impasta e cuoce 25 chili di pane per il parentado, tutti i giorni. Sentivo questo bisogno di toccare con le mani la materia prima. Sono appena stato a perfezionarmi in Giappone. È la terza volta che ci vado. Ora sogno di aprire una catena di pasticcerie. Ma per arrivarci ho dovuto investire: 14.000 euro solo per il corso, 1.000 euro per un forno semiprofessionale della Unox, 1.000 euro per una planetaria che impasta la farina e sbatte le uova».

Un po' di tempo per la fidanzata le avanza?

«Non è facile trovarne una che ogni 20 giorni mi segua in giro per il mondo. L'unica che ho avuto è durata 6 mesi». («Un anno», lo corregge la madre).

Perché su Internet scrivono su di lei indicibili volgarità? Per non parlare dei fotomontaggi: in costume mankini come Borat, travestito da 007, benedicente in un santino, nudo nel calendario di Max .

«Informatici gelosi del mio successo. Poche decine di persone. Mi criticano perché non parlo mai di programmazione o di tematiche serie. In questo modo svilirei il sapere. Ma io risolvo l'80 per cento dei problemi, mica tutti. Comunque questi tizi li trovo divertenti, mi piace ripubblicare le loro scemenze. Solo che non capisco una cosa: perché perdono tempo con le parodie di Aranzulla invece di dare buoni consigli alla gente? Magari ci farebbero qualche soldo».

(736. Continua)

stefano.lorenzetto@ilgiornale.it

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