Il fiasco del fisco gialloverde: annunciano tagli ma alzano le tasse

Sulle imposte solo parole: aumentano balzelli e pressione fiscale

Il fiasco del fisco gialloverde: annunciano tagli ma alzano le tasse

Un anno di annunci e discussioni su come tagliare le tasse ma l'unico accordo finora trovato tra Lega e M5s è stato di aumentarle (con la mannaia dell'Iva al 25% che pende sulla testa degli italiani in autunno). Eppure doveva essere immediata la cancellazione delle accise già «nel primo Consiglio dei ministri», così aveva promesso Salvini («Bisogna eliminare le accise più antiche, è immorale che chi fa benzina paghi ancora la guerra in Etiopia» disse annunciandone l'abolizione imminente). Un anno e passa di governo gialloverde le accise sono tutte lì, con in più la beffa che nel frattempo il prezzo della benzina è anche aumentato. Da mesi poi Lega e M5s si rimpallano i rispettivi schemi di rimodulazione dell'Irpef. Una tassa unica al 15% sotto i 55mila euro per la Lega, diverse aliquote leggermente più basse di quelle attuali, ma solo sotto i 75mila euro, nella versione preferita dai grillini. Una discussione appassionante che si svolge quotidianamente senza che però sia cambiato di mezzo centesimo il salasso fiscale nella busta paga dei contribuenti, se si eccettua l'estensione del regime agevolato per le partite Iva «venduta» come mini flat-tax.

Di flat il governo aveva promesso anche le tariffe autostradali. «Deve sparire il casello e si fa un abbonamento flat da 30-40 l'euro» annunciava Di Maio mesi fa. Ovviamente non è successo nulla, e dopo il disastro di Genova e la guerra dichiarata dal governo ad Autostrade l'unico risultato portato a casa è di aver soltanto rinviato gli aumenti delle tariffe e solo su una parte della rete autostradale.

Sul versante fiscale vero e proprio, invece, qualcosa si è mosso ma al rialzo. Il governo Lega-M5s ha sbloccato, dopo tre anni di congelamento, la possibilità per i Comuni di aumentare le imposte, quindi Imu, Tasi, Tari e addizionali comunali. E quasi 500 Comuni hanno subito colto la ghiotta occasione di spremere i loro abitanti, e pure chi viaggia visto che in 46 Comuni è stata alzata anche l'imposta di soggiorno esistente mentre altri 51 amministrazioni hanno approfittato del via libera governativo per introdurla. In realtà la cifra dei Comuni che hanno alzato le tasse (469 per la precisione), contenuta nell'ultimo Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica della Corte dei conti, è sicuramente parzale, perchè su quasi 8000 Comuni censiti soltanto 3.699 hanno trasmesso i loro dati al Mef. Gli aumenti quindi riguarderanno certamente più città e paesi. L'Imu è stata aumentata in 28 amministrazioni locali tra cui 4 città capoluogo. Il numero è limitato per un motivo molto semplice, la maggioranza dei Comuni aveva già fissato l'aliquota Imu al più alto livello consentito dalla legge. Più di così non potevano spremere.

Ed è riconducibile alla legge di Bilancio del governo Conte anche un'altra stangata, quella decisa da Poste - come conseguenza di una complicazione introdotta dal governo - sull'aumento delle spese di notifica delle multe stradali, da 6,80 a 9,50 euro.

Insieme alla contrazione del Pil il risultato è quello certificato dall'Istat: la pressione fiscale nei primi tre mesi del 2019 è del 38,0%, in aumento dello 0,3% rispetto allo stesso periodo del 2018, e 42,1% annuale, il dato più alto dal 2015. In realtà, sottolinea la Cgia di Mestre, la pressione fiscale reale per chi paga le tasse è il 48%. Altro che flat tax, quello dei gialloverdi finora è il tax flop.

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