La fiera anti-MeToo per l'uomo macho snobbato dalle donne

Per tre giorni Milano è stata la capitale del maschio che esalta le sue passioni virili

La fiera anti-MeToo per l'uomo macho snobbato dalle donne

Milano - Luci soffuse con i colori del legno e del cognac che scaldano l'ambiente. Sembra un pub, ma non lo è; assomiglia a una fiera, ma il sapore è diverso; pare un club, ma è un'altra cosa. Ok, ma allora cos'è esattamente? Risposta difficile, perché la prima edizione italiana del Man's World che ieri si è conclusa con successo a Milano ha poco di esatto e molto di variabile. Una variabile, possibilmente, impazzita. Con una sola certezza. Qui, nel padiglione di Fabbrica Orobia 15, uomini come Harvey Weinstein e Donald Trump si sarebbero divertiti da pazzi. Un po' meno le donne prefiche del movimento MeToo, l'unico movimento cui il maschio alfa (?) del Man's World guarda con una certa diffidenza. Non certo per una sorta di pregiudizio antifemminista, ma perché - ammettiamolo - certe attività vanno svolte senza ingerenze «rosa»: che sarà anche il colore dell'apostrofo tra le parole «t'amo», ma che rischia di rovinare l'atmosfera quando stai giocando a freccette, biliardino, flipper; o magari stai gustando un whiskey o un sigaro, oppure stai scegliendo una cravatta o un paio di scarpe. Per non parlare di altri riti sacri come la sosta dal barbiere di fiducia, il pokerino in casa di amici, la partita di calcetto, il derby in tv. Insomma, tutto quello che fa da cesura tra una società patriarcale (ormai in stato di irreversibile crisi di identità) e l'autorevolezza egemone dello status matriarcale (talmente pervasivo da aver, di fatto, addirittura esautorato il ruolo di padre, che infatti ora si chiama «mammo»). Il Man's World, partorito dalla mente creativa di tre ragazzi svizzeri, è così diventato un format destinato ad affermarsi come un'enclave di genere (genere maschile, ovviamente) per un «macho» di ritorno dai tratti che - dipende dai punti di vista - possono risultate, al tempo stesso, eleganti e raffinati, ma anche irrimediabilmente tragicomici. Sta di fatto che aggirarsi tra gli stand dell'uomo che non deve chiedere mai (o quasi mai) è uno show senza fine. Vedi quello che lancia dardi pensando di avere la mira infallibile di Peter Wright (numero uno del ranking mondiale, categoria freccette); ammiri quell'altro che si accomoda nel barbershop chiedendo una barba hipster perché convinto che «così si cucca di più»; scruti la faccia ammirata del bancario seriale che fotografa moto bestiali e auto selvagge fantasticando avventure on the road; segui le acrobazie con la stecca del signor Mario Rossi che, davanti al biliardo col tappeto blu elettrico, si sente il signor Quindicipalle. Poi, dopo tanta fatica, un whiskey di alto livello da abbinare a un sigaro medio profilo, stando attenti a non chiudere con un cioccolatino di bassa lega. Ma questo rischio non c'è: gli espositori ammessi al Man's World sono solo quelli dal pedigree certificato dalla capacità di sposare la qualità del prodotto con la suggestione del sogno.

C'è anche il corner con gli scatti d'autore. Foto che immortalano uomini tosti del passato e del presente. Che a volte possono anche coincidere, come nel caso di Albano Carrisi, personaggio-simbolo di uno sfuggevole qualcosa. Lui con costume-pantaloncino rigato, icona balneare su una spiaggia anni '60: attorno a lui tante fan che se lo mangiano con gli occhi, mentre con la bocca mangiano bomboloni fritti. È il Man's World bellezza, e tu non puoi farci niente. Niente. I più attempati si fermano a giocare con le macchinine elettriche, scelgono i dischi pigiando i pulsanti di vecchi jukebox.

La speranza è quella di tornare giovani, ma il gracchiare del vinile è un ritorno alla dura realtà. Poi squilla il telefonino. L'anziano, travestito da rider, risponde preoccupato: «Sì, cara, stavo appunto tornando a casa...». La festa è finita.

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