Fittiani allo sbando tra addii e accuse incrociate

Bianconi e Corsaro scrivono a Fitto: "Zero strategie, siamo a disagio". Pagnoncelli verso Ala

Fittiani allo sbando tra addii e accuse incrociate

Roma Tira una brutta aria dalle parti di Fitto. Conservatori e riformisti, il partitino fondato dall'ex ministro di Maglie in polemica con Berlusconi, è da tempo finito in un cono d'ombra. Se ne sono accorti tutti ma soprattutto loro stessi. Infatti, alla vigilia di Natale, due big della truppa fittiana alla Camera, i deputati Maurizio Bianconi e Massimo Corsaro, hanno preso carta e penna e vergato j'accuse impietoso. Destinatari: il leader Raffaele e, in copia conoscenza, tutti gli altri parlamentari. Tante le accuse: pigrizia; mancanza di coordinamento tra Camera e Senato; utilizzo di schemi del passato; mancanza di discussione; perdita di appeal. Il rischio: fare l'«ennesimo partitino alla Alfano-maniera». Critiche aspre e franche al leader Fitto che, fino ad oggi, non hanno sortito granché. La lettera, spedita via mail il 24 dicembre, è stata un sasso tirato in uno stagno. È passato un mese esatto e nulla è accaduto. Tra i fittiani si giura: la settimana prossima ci vedremo, discuteremo e affronteremo tutte le questioni sul tavolo. Di fatto, il partito di Fitto più che malato sembra essere in coma profondo. Non solo: continuano a girare voci che uno dei loro senatori, il bergamasco Lionello Marco Pagnoncelli, stia per cedere al pressing di Verdini e sia pronto a passare con Ala. Un vero guaio perché il «leone» dei Conservatori e riformisti ha oggi dieci senatori, numero minimo per formare un gruppo autonomo. Perdendo una pedina si perderebbe così il diritto ad essere gruppo con tutto quello che ne consegue: peso, uffici ma soprattutto soldi.Ma torniamo alla lettera del duo Bianconi-Corsaro. Il primo, Bianconi, ex tesoriere del Pdl e toscanaccio senza peli sulla lingua, è sempre stato pirotecnico e antirenziano; il secondo, Corsaro, è il super tifoso di una destra liberista e ha lasciato i «suoi» Fratelli d'Italia perché troppo sdraiati su Salvini. I due non le mandano a dire a Fitto: «Esprimiamo grande disagio e insoddisfazione per un percorso che non è fin qui apparso in linea con le nostre attese per quanto a tempi, tattiche, strategia, target di riferimento». Ricordano quello che era il mantra dei Conservatori e riformisti: «1) Mai col Pd; 2) Scelte dal basso». E dipingono un risultati ottenuti: pochissimo. «Causa - si legge - ritardi, timori, impedimenti personali, eventi esterni, imperdonabile pigrizia». Non solo: «La nostra azione, fortunatamente rimasta semi clandestina agli occhi della grande comunicazione, s'è consumata in sterili tentativi di intromissione nella geografia parlamentare, con tatticismi autoreferenziali, inconfessate nostalgie di una centralità del Palazzo (...), l'assenza sistematica di coordinamento tra Camera e Senato, la ripetuta tecnica operativa dei colloqui separati...». E ancora: «Posto che tra noi non c'è un Maradona della politica (...) è grave non aver attivato un gioco di squadra...».Il movimento, poi, è tutt'altro che unito e compatto e qualcuno pare guardare verso Renzi: «Alcuni di noi sembrano valutare di assumere posizioni terze o intermedie, collocandosi in un'area attendista. Allora è meglio dircelo chiaro». Insomma, c'è la richiesta di un redde rationem perché «La nostra missione dovrebbe essere quella di farci inseguire...

da chi occupa la nostra stessa metà del campo; certo non può essere quella di volgere altrove, cercando riparo nella palude centrista». Il grido di dolore del duo Bianconi-Corsaro per ora è stato vano; ma c'è chi giura che sarà il preludio di altre rivolte. E Raffaele, per ora, tace.FCr

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