A voler essere sobri nei toni, lo sport dei motori è nel pieno della Formula alcol. Ad alzare il gomito nei toni, potremmo dire che la Formula è sbronza. A voler evitare guai, querele e cose brutte, diciamo che siamo nel pieno di una Formula Paradosso. Guida e alcol sono infatti un binomio da combattere nella vita di tutti i giorni e però anche un abbinamento che sarebbe meglio evitare nei messaggi sportivi. Soprattutto se di sport automobilistici si tratta. Invece proliferano Gran premi cocktail pieni di monoposto bottiglia. E fra un paio di settimane, a Montreal, il patron del Circus, Bernie Ecclestone, ufficializzerà quel che già tutti sanno: la Heineken global sponsor del mondiale. Un affare da 225 milioni di euro in sette anni.
Fa effetto. Al netto di facili moralismi, siamo di fronte a logiche di investimento lecite da una parte, cioè quella dei grandi produttori di birre, superalcolici e annessi e connessi; e di fronte a un processo di finanziamento altrettanto lecito dall'altra parte, cioè la F1 tutta, il suo governo e i singoli team. Perché gli uni e gli altri possono, ne hanno facoltà, scegliere il marketing preferito e le risorse che gli aggradano. È il business bellezza. E senza un bando a livello europeo o mondiale, così resta. Se non ci siamo stupiti una vita fa con le Lancia Martini che dominavano nei rally o con il giovane Valentino Rossi che scorrazzava e vinceva su moto colorata birra Nastro Azzurro, non possiamo scandalizzarci adesso. Semmai, di paradosso in paradosso, possiamo e dobbiamo chiederci: ma allora perché tante scene e tanti divieti per le pubblicità di sigarette bandite anni orsono dallo sport e dalla F1? E perché la McLaren può sfrecciare con i whisky Johnny Walker sulla livrea? E perché può farlo con il vino frizzante Chandon? E perché la Williams Martini sì? Perché la Toro Rosso sì con la birra Estrella Galicia? Perché sì anche la Force India con birra Kingfisher e vodka Smirnoff? E, infine, perché sì la Ferrari con la birra Singha, brand numero uno in Thailandia, e però no per lei e per tutti con le sigarette? Si dirà: il fumo fa più male. Vero. Però auto, guida e alcol non fanno rima fra di loro. Stonano. Parliamone.
Formula Paradosso, dunque. Negli anni Ottanta e Novanta era Formula Tabaccaio. Un periodo ricco di soldi per i team e di nicotina per tutti a cui seguì, per la verità sacrosanto in termini di salute, il bando dei pacchetti di sigarette dalle monoposto. Si cominciò allora a parlare di Tele-formula e Formula Bancomat. Epoca per certi versi green e innocua agli occhi del pubblico influenzabile. La Ferrari si affidò a sponsor come la Vodafone, senza mai rinunciare però alla ricca collaborazione con il tabaccaio più grande, la Philip Morris, che ancor oggi inietta milioni e milioni nelle casse di Maranello. Sulla Ferrari non compaiono scritte, sono vietate. Solo giochi di colore e un rosso di tonalità sempre più lontano dall'originario rampante. Il pubblico percepisce il brand a livello subliminale, le leggi sono rispettate e tutti felici e contenti. Dopodiché, la Formula Bancomat. Ancora in prima linea la Rossa e la rivale McLaren che per anni si sono rimpallate e spartite le grazie talentuose dello spagnolo Fernando Alonso e quelle munifiche dell'altrettanto spagnolo Banco di Santander. Ma anche altre scuderie si sono lasciate attrarre dalla telefonia e dal credito: vedi la Williams con la Royal Bank of Scotland.
E siamo ad oggi. Fra pochi giorni Ecclestone annuncerà l'Heineken. L'anno scorso, proprio in occasione del Gp di Monaco (oggi tutti in pista per la pole a Monte Carlo) Eurocare, associazione con sede in Belgio per il controllo sulle politiche dell'alcol in Europa e che raggruppa 57 organismi di sanità pubblica in 25 Paesi, rese noti i risultati di uno studio, condotto con il supporto dell'inglese Ias, Institute of alcohol studies, e l'australiana Monash University, che sottolineava come la F1 fosse lo sport con il più alto livello di esposizione di marchi alcolici. Non solo. Una ricerca condotta in Olanda, Germania, Italia e Polonia su un campione di 6.651 ragazzini fra i 13 e 14 anni rivelava che l'esposizione a sport sponsorizzati da marchi alcolici aumentava dell'11% le aspettative positive legate agli alcolici e del 7% la possibilità che questi ragazzi bevessero nel mese seguente. Eurocare scrisse anche a Jean Todt, presidente della Fia, il governo mondiale dell'auto, che rispose «la Federazione non ha alcuna voce in capitolo nella gestione dei diritti commerciali del campionato che sono stati concessi in licenza al promoter del mondiale (la Fom di Ecclestone, ndr) e ai team stessi che gestiscono i propri diritti...». Più imbarazzata impotenza che un pilatesco lavaggio di mani. Ma la stonatura resta. Il presidente Fia è infatti da anni impegnato nella campagna mondiale Action for Road Safety e sa bene che il suo sport associato alla pubblicità dell'alcol sarebbe cosa da evitare come la peste.
Basti pensare che da un altro studio effettuato durante le due ore del Gp di Monte Carlo 2014, per cui su una platea stimata di 500 milioni di telespettatori, ogni 5 secondi il pubblico è stato esposto a un messaggio legato all'alcol. Però... guai a fumare.
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