Una foto smaschera il mercato delle vacche di palazzo Madama. La pubblica il senatore della Lega, Stefano Candiani. 20 gennaio, tarda serata. Di lì a poco il voto cruciale sulle riforme targate Renzi-Boschi. Al governo occorre la maggioranza assoluta altrimenti è patatrac. Tradotto in numeri: servono almeno 161 voti. Tensione. Tutti fanno più o meno i conti ma c'è chi fa di più. Qualcuno passa accanto allo scranno del senatore Bondi, ex braccio destro di Berlusconi ora invaghito di Renzi e soldato del gruppo Ala di Verdini, e nota la sua contabilità. Bondi, in quel momento lontano dalla sua postazione, ha lasciato in bella mostra sul suo tavolino una busta e un foglio pieno di numeri. L'anonimo senatore è svelto e fa «clic»: col telefonino fa una foto dei calcoli bondiani, una sorta di fattura dei verdiniani a Renzi. Sono cifre messe lì in colonna per vedere se il governo ce la fa o no. E un numero rosso, isolato, mette paura: 157. Quello è il numero vero dei senatori che appoggiano il governo. Quello è il numero della maggioranza che, quindi, maggioranza non è. Ma la politica è fiera, nel senso di mercato. Così, la colonnina che conta i «sì» si arricchisce e il numero finale lievita come una torta. Un pizzico di tosiani, una manciata di verdiniani, un briciolo di forzisti e il gateau è bell'e pronto. Risultato finale: 180 sì, 112 no e 1 astenuto. Le riforme di Renzi passano, il premier canta vittoria perché i numeri son numeri. Ma gli stessi numeri ci dicono anche che senza l'aiuto di senatori eletti col centrodestra Renzi avrebbe fatto flop. Se ai 180 «sì» finali si togliessero i 17 verdiniani, i 3 tosiani e i 2 forzisti, il governo si sarebbe fermato a 158 voti. Ossia avrebbe perso. E sarebbe caduto. Vuoi non ringraziare le stampelle, quindi?
Non passano 48 ore che, infatti, si mette mano alle nuove commissioni. La politica è fiera, nel senso di mercato. Guarda caso a Verdini arrivano ben tre vicepresidenze: Eva Longo (prima berlusconiana, poi fittiana, ora verdiniana) alle Finanze, Pietro Langella al Bilancio, Giuseppe Compagnone alla Difesa. Ricompensa? «La maggioranza sai è affiliazione - scriveva subito su Twitter Gaetano Quagliariello - Tu voti per cambiar Costituzione, il giorno dopo vinci il premio in commissione». «Ma no, è la prassi che le vicepresidenze vadano un po' alla maggioranza e un po' all'opposizione», risponde Luigi Zanda che però non riesce a mascherare l'imbarazzo.
Stefano Candiani, che ha pubblicato la foto sulla sua pagina Facebook risponde al Giornale e sorride: «Se ho fatto io la foto? Assolutamente no... Lo vieta il regolamento». Eddai... «Io poi non sono mica seduto sopra Bondi. Quello che posso dirle è che il clima a palazzo Madama era proprio quello del mercato. E sa cosa c'è di grottesco? Che i conteggi di Bondi sono stati fatti su una busta... Perfetto». Evocativa bustarella. E c'è una correlazione tra il determinante aiuto verdiniano e l'assegnazione di ben tre vicepresidenze proprio a Verdini? Candiani utilizza una metafora attualissima: «Verdini e Renzi sono una coppia di fatto. Sono un Dico, anzi, un Pacs. Hanno fatto un Pacs. È un patto contro natura che nessuno dichiara ma di fatto c'è. È un patto senza contratti scritti ma con i conti ben fatti. Di giorno ciascuno nega l'altro ma di notte consumano un rapporto gustosamente». Finale amaro di Candiani che ora smette di sorridere: «Si sta riscrivendo la Costituzione: se si fa il confronto tra i padri costituenti e questi qui... Che amarezza».
La politica è fiera, nel senso di mercato; e le prossime bancarelle riguarderanno il rimpastino di governo, atteso per i prossimi giorni. Ma allora saranno gli alfaniani a chiedere la poltrona degli Affari regionali per Enrico Costa.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.