Su Canale 5 difendeva il velo seduto accanto a Maria Giulia Sergio, la prima lady Jihad italiana condannata in seguito a 9 anni di carcere per l'arruolamento in Siria nei ranghi del Califfato. Poi ha firmato l'appello pro niqab, il velo integrale, assieme a terroristi ed estremisti islamici partiti per la Siria. Per non parlare della foto dell'«emiro» Khattab, tagliagole in Cecenia, oggi cancellata dalla sua pagina Facebook e degli strali contro Israele e gay paragonati al diavolo. Tutte prese di posizione di Gabriele Ibrahim Iungo, il «professore» senza laurea dell'università Cattolica di Milano. Italiano convertito all'Islam, che ama il velo e odia i tacchi alti per le donne.
Nel 2009 era seduto in tv come ospite della trasmissione Pomeriggio cinque di Barbara D'Urso accanto alla napoletana convertita con il nome di Fatima al Zahra, che difendeva a spada tratta il velo. Iungo con barbetta e papalina nera annuiva, ma quando la ragazza è partita per la Siria ha sostenuto di non conoscerla avendola vista solo una volta negli studi tv. In realtà due anni dopo ha aderito ad un appello pro niqab, il velo integrale alla saudita che lascia libero solo gli occhi, come «studente presso l'Università islamica di Medina, Arabia Saudita». Fra le firme della petizione indirizzata al senatore ed ex capo dello Stato, Azeglio Ciampi, compaiono Maria Giulia Sergio e la sorella Marianna. Lo scorso anno Maria Giulia, alias Fatima, latitante in Siria con le bandiere nere è stata condannata a 9 anni. Sua sorella, che pure voleva partire, è in carcere per scontare una pena di 5 anni e 4 mesi. Un'altra firmataria è Bushra Haik, allora studentessa a Bologna, poi riparata in Arabia Saudita ed oggi latitante. La procura di Milano la considera la reclutatrice della famiglia Sergio e ha ottenuto una condanna a 10 anni.
Iungo ha studiato un anno di arabo a Medina, nella stessa università frequentata da Mariglen Demir Dervishllari ucciso in Siria. Non è un qualunque mujahed albanese, ma il cognato della Lady Jihad italiana, che ha aperto la strada verso la Siria. Ed un altro firmatario dell'appello pro niqab era Giuliano del Nevo, il genovese convertito all'Islam, primo foreign fighter italiano morto in Siria combattendo con le bandiere nere.
Forse sono solo coincidenze, ma l'ambiente è almeno ambiguo, come Iungo, che condanna il terrorismo, anche se ogni tanto ci piazza qualche distinguo. Il 10 gennaio 2015, con la strage al settimanale satirico di Parigi aderisce sulla sua pagina Facebook al gruppo «JeNeSuisPasCharlie». Iungo rigetta la violenza, ma sulle vignette che hanno scatenato i terroristi ribadisce che «allo stesso modo non possiamo approvare, sostenere, incoraggiare o giustificare una qualsiasi forma di bestemmia o di blasfemia nei confronti delle cose sacre».
Ancora più inquietante il post con la foto in mimetica e barbone di ordinanza che onora l'«Amir Khattab leader della resistenza cecena all'occupazione russa». Il saudita considerato un terrorista internazionale ed ucciso nel 2002 dall'intelligence di Mosca amava farsi filmare mentre ammazzava i prigionieri russi e pure alcuni volontari della Croce rossa internazionale. Guarda caso il post è stato cancellato.
Negli ultimi giorni, in occasione della giornata della Memoria il «docente» di un master alla Cattolica ricorda come in alcuni casi i musulmani salvarono gli ebrei dall'Olocausto.
Peccato che in post precedenti considerava il nome stesso di «Israele una profanazione» e si scagliava contro la «repressione sionista della resistenza per la liberazione della Terra santa e per la dignità del popolo di Palestina». Il 14 giungo 2014 Iungo se la prende con i gay: «Dietro l'ideologia che genera le leggi sul matrimonio omosessuale c'è l'invidia del Demonio».- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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