Berlino Dieci anni fa ci aveva provato Londra: musica classica nelle stazioni della metropolitana, the Tube, per ridurre i comportamenti antisociali. Niente di meglio delle armonie di Bach, Händel e Mozart per ridurre gli scippi, le aggressioni e il vandalismo sui treni e nei tunnel piastrellati da una linea all'altra. La capitale inglese aveva mutuato l'esperimento della canadese Montreal ma l'idea che la musica calmi gli uomini come le fiere parte da lontano e se ne trova già traccia nei miti di Orfeo e di Arione. Adesso Deutsche Bahn (Db) prova a rovesciare il paradigma: la società ferroviaria tedesca vuole provare ad atterrire i gruppetti di tossicodipendenti e spacciatori che traccheggiano presso la stazione della S-Bahn (la metropolitana di superfice) di Hermannstrasse, nel popolare quartiere di Neukölln, diffondendo musica atonale con gli altoparlanti. La musica atonale rimette in discussione le regole della musica occidentale, quella classica come quella popolare, alle quali siamo così abituati. Fra i principali compositori «atonali» si ricordano gli austriaci Arnold Schönberg, teorico della dodecafonia, Alban Berg e Anton Webern.
Db ha annunciato l'avvio dell'esperimento prima della fine del 2018. «Poche persone trovano bella la musica atonale - ha dichiarato il portavoce Friedemann Kessler al berlinese Tagesspiegel - e la maggior parte la considera qualcosa da cui rifuggire». Il progetto è di difficile realizzazione, a cominciare dai volumi e dalle zone di diffusione: si vuole dissuadere un certo gruppo di utenti della stazione senza però spaventare passeggeri e pendolari né disturbare i commercianti e i residenti dell'area.
La stessa idea di utilizzare la musica atonale per fare paura «è discutibile», osserva il pianista e compositore romano Cesare del Prato. «È vero osserva che la musica dodecafonica, che è solo una delle tipologie di musica atonale, è andata a lungo a braccetto con i film dell'orrore. Basti pensare a come Bernard Herrmann la applicò a Psycho, contribuendo a fare del film di Hitchcock un capolavoro». Del Prato ricorda ancora l'allora 33enne compositore francese Olivier Messiaen, che fatto prigioniero dai tedeschi e internato in un campo di lavoro in Sassonia, nel 1941 ottenne dal responsabile del campo il permesso comporre il Quatour pour la fin du temps, «dove per fine del tempo si intende tanto l'Apocalisse di San Giovanni quanto la fine del tempo quale componente ritmica». In una fredda mattina di gennaio, Messiaen «obbligò» i suoi carcerieri e gli altri internati all'ascolto di 45 minuti di musica difficilissima.
Non è ancora chiaro
se Db intenda diffondere musica atonale d'autore. «Forse sarebbe meglio se abbandonassero il concetto di musica limitandosi a diffondere quelle vibrazioni conosciute per creare disagio al corpo umano», conclude Del Prato.
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