C'era una volta il Draghi ritratto con tanto di elmetto prussiano in testa. Come a dire: «Mario, uno di noi». Tempi andati. Adesso lui sta dall'altra parte della barricata. Un nemico. Perchè in Germania l'ultimo giro di valzer monetario del presidente della Bce è risultato più indigesto dei crauti con babà a colazione. La Bild, il quotidiano che meglio di tutti sa solleticare la pancia dei tedeschi, la tocca piano, sfornando una prima pagina che è già tutto un programma: un fotomontaggio dell'ex governatore di Bankitalia con tanto di denti aguzzi e mantello rosso, accompagnato dal titolo «Così il conte Draghila (sic) succhia i nostri conti correnti, svuotandoli». Sotto accusa finisce soprattutto la politica dei tassi a zero, definita una «follia monetaria: nel suo mandato abbiamo perso miliardi».
Siamo, insomma, tornati all'eleganza teutonica di un tempo, quando Der Spiegel metteva in copertina un fumante piatto di spaghetti condito con una P38. Il tono becero della Bild enfatizza però solo quello che a Berlino e dintorni è un sentire comune, un malcontento generale compendiato dalle parole meno sgangherate, ma più acuminate vista la carica ricoperta, del presidente della Bundesbank, Jens Weidmann.
Il falco dei falchi, colui che sempre ha osteggiato ogni misura non convenzionale, è convinto che il numero uno dell'Eurotower abbia «oltrepassato il limite», dal momento che «un pacchetto di tale portata non era necessario». Se giovedì scorso, in conferenza stampa, Draghi aveva cercato di minimizzare i contrasti in seno al board sottolineando il fatto che non si era dovuto ricorrere a una votazione sul pacchetto di aiuti, e se una fonte dell'istituto ha parlato ieri di non più di cinque oppositori, l'entrata a gamba tesa del capo della Buba racconta un'altra storia. Una storia ad alta tensione fra i 25 componenti del consiglio, a dar credito a una fonte citata da Afp. Secondo cui «una decina» di membri avrebbe mostrato il pollice verso nei confronti del secondo round di quantitative easing da 20 miliardi di euro al mese. Un'indiscrezione confermata peraltro anche dal sito tedesco di Spiegel. L'ostilità al maxi-pacchetto sarebbe inoltre venuta a galla qualche giorno prima della riunione della Bce attraverso il parere formulato da un comitato di esperti della banca centrale. Un parere in sintonia non solo con le idee dei guardiani del rigore, ma anche con i sostenitori tradizionali di Draghi come il governatore della Banca di Francia, François Villeroy de Galhau e, ancora più sorprendente, Benoît Coeuré, appartenente al Comitato esecutivo e conoscitore dei mercati.
Il cambio di campo della Francia non va sottovalutato. Con l'arrivo di Christine Lagarde al vertice della Bce, all'inizio di novembre, l'asse dell'Eurotower potrebbe spostarsi sul versante dei falchi.
Il fatto stesso che il Qe non abbia una scadenza incorporata, lascia aperta la porta a una sua rapida chiusura se prevarrà il peso di chi teme la penuria di asset a basso rischio, la creazione di una bolla sui mercati finanziari e la tendenza ad assumere rischi eccessivi nel mercato immobiliare. La rottamazione delle politiche di allentamento sarebbe un duro colpo per l'Italia e per i nostri conti pubblici: senza il bazooka, spread e rendimenti dei titoli di Stato riprenderebbero l'ascensore.
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