Gilet gialli e bandiere rosse. L'odio dei migranti su Salvini: "Assassino"

Il corteo a Roma degli immigrati con l'Usb e Potere al Popolo. L'accusa choc: "Di Maio e Salvini governo di assassini"

Gilet gialli e bandiere rosse. L'odio dei migranti su Salvini: "Assassino"

Stato che vai, gilet gialli che trovi. Se Parigi ha dovuto fare i conti con le proteste di piazza per tasse e servizi sociali, Roma s'è risvegliata col corteo che mette insieme tutti i simboli della sinistra di oggi: i migranti, il presunto razzismo, il livore contro Salvini (un po' pure contro Di Maio) e le bandiere rosse di comunista memoria con tanto di nostalgica falce e martello.

Si sono raduntati "per i diritti dei migranti" in piazza della Repubblica. Un migliaio di manifestanti in tutto, soprattutto stranieri di origine africana accompagnati da studenti, attivisti dell'Usb e "compagni" di Potere al Popolo. Tutto e il contrario di tutto, con un retrogusto fuori da ogni tempo. Gli altoparlanti sparano musica di Bob Marley, i manifestanti ballano, alzano orgogliosi il pugno chiuso e mostrano un cartello con Karl Mark vestito col gilet giallo.

"Di Maio, Salvini, vaffanculo", urlano gli stranieri. E ancora: "Sibito, subito il permesso di soggiorno". Protestano contro il decreto Sicurezza voluto da Salvini, il ministro dell'Interno che non temono di definire "assassino". "Indossiamo questi abiti perchè siamo arrabbiati per il razzismo che dobbiamo subire ogni giorno. Molti di noi fuggono da guerre e povertà, chiediamo solo diritti, il permesso di soggiorno", dice un ragazzo che proviene dal Mali. Gli fa eco un collega di schieramento: "Noi non siamo criminali, siamo lavoratori, siamo gli schiavi dei campi di lavoro che non volete vedere, quelli che raccolgono le verdure che poi mangiate. Immigrazione non vuol dire criminalità, noi siamo spesso sfruttati dalla criminalità, nei nostri viaggi per arrivare qui, sul lavoro. Chiediamo solo di non essere più invisibili, di ottenere diritti: casa, lavoro".

Gli slogan sono sempre

gli stessi. Sono la propaganda (a modo loro) di una parte politica che sembra voler disegnare un Paese che però non esiste: descrivono un'Italia necessariamente brutta, cattiva e xenofoba. Ma non è così.

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