Il premier Matteo Renzi promise tempi dimezzati per i processi civili quando, nell'agosto scorso, il governo approvò la riforma della giustizia. È passato quasi un anno. Poco per valutare fino in fondo la portata, ma una cosa è certa: Bruxelles non intende farci sconti. La lettera con le raccomandazioni della Commissione europea in tema di riforme, la prima pienamente renziana nel senso che arriva a più di un anno dal suo insediamento, punterà anche sulla giustizia.
I tempi di quella civile in Italia sono ancora troppo lunghi. Zavorra per un'economia già debole. Negli anni scorsi le raccomandazioni si erano concentrate su amministrazione, sulla lotta alla corruzione e anche su una revisione della prescrizione. Riforma, quest'ultima, che è stata attuata, quindi è possibile che nella lettera che arriverà il 13 maggio non si faccia riferimento a questo aspetto.
Ma per il resto l'Italia resta in mora. Soprattutto a proposito dei tempi dei processi civili, ancora troppo lunghi. «Inefficienze gravi», che la Commissione europea ci invita a superare in fretta.
I dati sui quali l'esecutivo europeo ha costruito il suo giudizio negativo sono quelli che la stessa Commissione aveva elaborato qualche settimana fa e dai quali emerge che il nostro Paese è tra gli ultimi in termini di durata dei processi. Terzultimi, davanti solo a Cipro e Malta. In Italia servono in media 608 giorni per avere giustizia, nelle due isole mediterranee, rispettivamente, 630 e 750. Se ci si sposta più a Nord, la speranza di avere giustizia in tempi civili cresce esponenzialmente, fino ad arrivare ai soli 53 giorni del Lussemburgo.
E dire che il principio della necessità di tempi giusti, quello secondo il quale «una giustizia ritardata è una giustizia negata» è nato proprio nella Penisola, con il diritto romano, come aveva sottolineato il rapporto della Commissione.
Tempi lunghi che non si spiegano con il basso numero di giudici, visto che il nostro rapporto toghe/abitanti (11 ogni 100mila abitanti) e sul livello della Francia (10,7 con processi chiusi in poco più di 300 giorni) e molto superiore a quello di Paesi come la Danimarca, (6,6 giudici e processi di primo grado in 164 giorni). Né la litigiosità, che è nella media europea. Restano cause interne e di organizzazione del lavoro, quindi. Nel rapporto uscito nel marzo scorso non se ne parla direttamente, ma l'Europa vorrebbe vedere cambiamenti reali. Se e quanto le riforme già attuate dal governo, ad esempio quella sulle ferie delle toghe, siano sufficienti lo sapremo meglio nella prossima primavera. Per ora il giudizio resta negativo.
E anche quello degli italiani sulla giustizia. Lo scoreboard della Ue sulla giustizia del marzo scorso rileva un calo drastico nella percezione dell'indipendenza. Siamo al sestultimo posto, con un «rating» di 3,5 su 7 nel 2013 e 2014 contro un 3,8 del 2010-2012.
Un altro faro acceso sull'Italia, oltre a quello sui conti pubblici traballanti, soprattutto dopo la sentenza della Corte costituzionale sull'adeguamento delle pensioni; sulle tasse, che restano troppo alte e sulle spesa pubblica da tagliare. Tutti capitoli sui quali l'Ue aspetta risultati più che annunci.
di Antonio Signorini
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