Il governo Renzi fa il «finto» duro e richiama l'ambasciatore italiano da New Delhi. Peccato che nell'odissea dei marò è la terza volta e non sia mai servito a nulla. Un vero atto di forza sarebbe ritirare il nostro diplomatico dall'India e se non bastasse considerare persona non grata l'ambasciatore indiano a Roma.
Non solo: dal capello magico del novello ministro degli Esteri, Paolo Gentiloni, rispunta l'arbitrato internazionale annunciato mille volte e mai attuato. «Passano i governi, cambiano i ministri, fanno gli annunci ma poi tutto rimane fermo. L'arbitrato internazionale è l'unico strumento utile alla soluzione dei fucilieri di Marina, già previsto dal momento in cui i due marò sono stati rinviati in India» lo scorso anno dal governo Monti. Lo continua a ripetere, inascoltata, Angela Del Vecchio, esperta dell'università Luiss di Roma. Il colpo di reni degli Esteri e della Difesa, di ieri, annunciato alle Commissioni parlamentari, assomiglia più ad un bluff, di chi non sa che pesci pigliare. «Di fronte a un atteggiamento così grave - delle autorità indiane - il governo si riserva i passi necessari a partire dall'urgente richiamo per consultazioni dell'ambasciatore italiano a Nuova Delhi» anche se «non si tratta di rottura delle relazioni diplomatiche» ha tenuto a precisare ieri Gentiloni. Nel maggio 2012, dopo la presentazione dell'atto di accusa per omicidio volontario di due pescatori indiani contro i marò, l'allora governo Monti richiamò con squillo di trombe l'ambasciatore a Delhi, che era Giacomo Sanfelice di Monteforte. Meno di un mese dopo tornò in India. Per Massimiliano Latorre e Salvatore Girone non cambiò, in pratica, nulla.
Lo scorso febbraio con Matteo Renzi in arrivo a palazzo Chigi, il ministro degli Esteri, Emma Bonino, del governo Letta, richiamò pure lei l'ambasciatore Daniele Mancini. La Corte suprema indiana aveva deciso per l'ennesima volta di rimandare il caso marò. Altro rullo di tamburi e poi il diplomatico tornò a Delhi in silenzio e l'odissea dei fucilieri di Marina continuò come prima. Il terzo richiamo dell'ambasciatore suona come una presa in giro.
Un bluff accentuato dall'annuncio di Gentiloni, che cala l'asso dell'arbitrato internazionale: «Stiamo considerando passi successivi» compreso «l'arbitrato internazionale su cui prenderemo una decisione nei prossimi giorni». Il 18 marzo, l'allora ministro degli Esteri, Federica Mogherini, annunciava: «Il prossimo passaggio può essere l'avvio di un arbitrato internazionale». Il 24 aprile rivelava l'apertura di una «procedura internazionale» con l'invio di una nota verbale all'India. Un primo passo che se non darà esiti sfocerà nell'arbitrato intrenazionale. Il 27 maggio è stato assoldato per l'ex capo del servizio giuridico del Foreign office, il baronetto britannico Daniel Bethlehem, che fino ad oggi non ha partorito assolutamente niente. Nonostante la giurista Del Vecchio continui a dire che «l'arbitrato si potrebbe attivare già oggi. Il ricorso era stato preparato dalla commissione che si occupò dei marò all'inizio della vicenda (mille giorni fa, nda ). Bisogna solo presentare la richiesta al Tribunale internazionale del mare».
Oltre al danno la beffa peggiorata dal governo che si sta infilando in una situazione estremamente pericolosa con Latorre in Italia e Girone in «ostaggio» a Delhi. «Siamo delusi ed irritati per la decisone della Corte suprema indiana sui due marò» ha dichiarato la Pinotti.
E riferendosi alle condizioni di salute di Latorre in permesso «sanitario» in Puglia, che dovrebbe rientrare a Delhi in gennaio sostiene «che non ci sono le condizioni per farlo partire dall'Italia». E sull'ennesima Caporetto sul caso marò, il presidente del Consiglio tace.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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