Houston abbiamo un problema. Sentite che dice Matteo Salvini, ministro dell'Interno: «Li farò scendere dalla nave soltanto quando i dirottatori e i violenti saranno in manette. Voglio sapere nomi e nazionalità. Quelli non sono profughi, ma delinquenti, e per loro non c'è un albergo ma la galera». Poi ascoltate Elisabetta Trenta, ministro della Difesa: «Il Mediterraneo è sempre stato un mare aperto e continuerà ad esserlo. Ho guardato cento volte le foto di migranti e ho pensato sempre una cosa, una famiglia che arriva a mettere un figlio sopra un barcone sperando di regalargli la vita va solo aiutata». Tilt.
Contrasti? Macché. Crepe? Ma dove? No, non ci sono «screzi», né liti, assicurano da Palazzo Chigi, ma solo «ruoli diversi», perciò chi parla di due linee nel governo, sbaglia. A dire il vero sull'immigrazione le linee sono almeno tre. C'è quella nota, dura e al momento piuttosto popolare, incarnata da Salvini, che vuole «stroncare il traffico di esseri umani». Poi quella classica europeista, rappresentata da Enzo Moavero, molto ben visto a Bruxelles, che si muove di concerto con il Colle. E infine quella, a geometria variabile, dei ministri grillini: all'inizio appoggiavano senza troppi problemi le iniziative del Viminale, ora invece tra i 5s sta emergendo un diffuso malcontento. Il premier Giuseppe Conte, preso in mezzo, fatica a trovare il punto di caduta. Il presidente del Consiglio ha visto Salvini prima di partire per il vertice Nato di Bruxelles. «L'incontro è andato bene. A breve l'Italia prenderà iniziative per dare continuità alle decisioni del Consiglio europeo». Sarà così? Martedì ha tenuto banco il braccio di ferro tra Salvini e Danilo Toninelli. Il vicepremier leghista ha chiuso i porti anche alle navi italiane, impedendo alla Vos Thalassa di toccare terra. Il suo collega alle Infrastrutture però li ha riaperti, consentendo all'unità della Guardia costiera Diciotti di fare rotta verso Trapani. Polemiche, precisazioni e vertici si sono susseguiti per tutta la giornata. «Serve una linea di condotta unica, altrimenti ogni nuova nave di emigranti creerà una nuova emergenza», il commento sconsolato di Conte.
Infatti, passate poche ore, un'intervista della Trenta ad Avvenire riapre la spaccatura. «La parola accoglienza è bella, la parola respingimenti è brutta. E si può, anzi si deve, legare accoglienza a legalità», sostiene il ministro della Difesa. E ancora: «L'Italia non si gira dall'altra parte, non l'ha fatto e non lo farà. C'è il diritto di assicurare un asilo a chi fugge dalla guerra e il diritto di arrivare e trovare un lavoro. L'apertura dei mari è una ricchezza. La strada è regolamentare, non chiudere». E Luigi Di Maio le dà ragione: «Non è immaginabile che chiudiamo i porti a una nave italiana».
Più tardi su Facebook la Trenta prova a circoscrivere: «Salvini ed io abbiamo sensibilità diverse. Qualcuno si diletta a strumentalizzare le mie parole nel tentativo di metterci contro. Mi dispiace deludervi, non ci riuscirete!».
Chiamiamole «sensibilità» però resta il fatto che negli ultimi giorni la linea dura del Viminale è stata messa spesso in minoranza. «Non vorrei un altro titolo contro Salvini - dice ancora Di Maio -. Non si devono chiudere i porti, ma condivido tutte le perplessità su quanto accade nel Mediterraneo».- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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