Renzi in un mare di guai. Ormai la gente l'ha sgamato. Tutto quello che lui tocca e fa gli si ritorce contro. L'opportunismo del presidente del Consiglio, ormai decodificato dagli italiani, sta diventando un boomerang. Andando a caccia di consenso e di cose che suonino bene sempre e comunque, alla fine Renzi viene colpito di ritorno da quello che promette di fare e poi non fa, affetto com'è da un endemico azzardo morale. Risultato: scontenta tutti.
È quanto sta avvenendo con i pensionati: stretto nella morsa tra le elezioni regionali, dove il sogno del 7 a 0 è già sfumato verso un più probabile 4 a 3, se non peggio; e l'Europa (con portavoce il ministro Padoan) che minaccia sfracelli sui conti pubblici italiani, chiudendo a qualsiasi ipotesi di flessibilità sui parametri del Fiscal Compact, e vuole chiarezza e azione immediata dopo la sentenza della Corte costituzionale che ha dichiarato illegittimo il blocco, voluto dal governo Monti, dell'adeguamento degli assegni pensionistici all'inflazione.
Chiariamo subito, per i malpensanti: abbiamo votato il decreto «Salva-Italia» di Monti, con la pistola dello spread puntata alla tempia, ma le voci di incostituzionalità del provvedimento erano tante già allora. Così come nota era l'inutilità del decreto dal punto di vista economico, ma i condizionamenti erano insuperabili in quei mesi e dobbiamo tutti onestamente ammettere l'errore, nella consapevolezza che eravamo di fronte a un attacco speculativo per cui non serviva tagliare in maniera indiscriminata le pensioni, settore che, tra l'altro era in equilibrio, quanto rispondere con forza alle banche che ci ricattavano. Guarda caso le stesse banche che avevano e hanno ancora in essere con la Repubblica italiana contratti derivati per oltre 160 miliardi, che potrebbero portare a perdite fino a 42 miliardi.
Dopo che la Corte Costituzionale ha dichiarato illegittima la norma Monti-Fornero sulle pensioni, per Matteo Renzi non c'è altra possibilità che restituire subito tutto quanto dovuto. Un uomo di Stato farebbe così. Tanto più che la restituzione di oltre 16 miliardi di euro a 5,5 milioni di pensionati sarebbe una misura utile per l'economia, perché porterebbe un grande aumento dei consumi, data l'alta propensione a spendere di chi riceverà i rimborsi. Il presidente del Consiglio, però, non ha intenzione di farlo, da un lato perché i conti pubblici italiani sono al collasso; dall'altro perché a lui i pensionati non interessano: non sono suoi elettori. E, come sappiamo, Matteo Renzi è mosso unicamente dall'opportunismo di breve periodo. Allora sulle pensioni semplicemente rinvia, pensando che tutti sono fessi. E rinviando non si accorge di assumere una posizione che gli economisti definiscono « lose-lose »: comunque vada, andrà male. Perdendo tempo, infatti, da un lato Renzi scontenta 5,5 milioni di persone che si aspettano il rimborso del maltolto; dall'altro lato, quando mai farà qualcosa, dopo ne sarà travolto.
La perequazione automatica è stata introdotta nel 1969, al fine di adeguare il potere di acquisto delle pensioni all'aumento del costo della vita, nel rispetto degli articoli 36 e 38 della Costituzione. Nella sentenza di censura della norma Monti-Fornero, la Corte ha ritenuto che tale diritto sia stato «irragionevolmente sacrificato nel nome di esigenze finanziarie non illustrate in dettaglio».
Ne deriva che i pensionati italiani che sono stati privati dell'adeguamento del loro assegno con riferimento agli anni 2012 e 2013, devono essere risarciti. Non solo: anche gli assegni relativi agli anni 2014 e 2015 devono essere rideterminati, comprendendo nella base di calcolo quell'adeguamento che fino a giovedì 30 aprile non era stato considerato.
Il costo di questa operazione per lo Stato può superare i 16 miliardi di euro. Solo la perequazione persa nel 2012 e 2013, infatti, ammonta a 8,2 miliardi di euro (calcoli Inas - Istituto nazionale assistenza sociale - Emilia Romagna). Ma a questi bisogna aggiungere altri 3,9 miliardi per il 2014 e il 2015 (fonte: «Salva Italia»). Totale: 8,2 + 3,9 + 3,9 = 16 miliardi tondi. Il buco nei conti pubblici italiani si allarga sempre di più. Altro che il «Tesoretto» che il presidente del Consiglio si era inventato per scaldare la campagna elettorale!
Ma c'è di più: queste cifre non sono incluse nel quadro macroeconomico del Documento di economia e finanza (Def), approvato meno di un mese fa dal Parlamento. Le previsioni di finanza pubblica sono, quindi, tutte da rivedere, alla luce dei nuovi sviluppi. E sono da rivedere e da riportare all'attenzione delle Camere al più presto, pena l'apertura di una procedura di infrazione nei confronti dell'Italia da parte della Commissione europea. Questi 16 miliardi, che equivalgono a un punto di pil italiano, devono passare al più presto dalle casse pubbliche a quelle dei pensionati. Per rispettare la sentenza della Corte costituzionale certamente, ma anche e soprattutto come atto di equità e di giustizia sociale. Il governo ha annunciato per domani in Consiglio dei ministri un decreto Legge volto a risolvere la questione, ma pare che: 1) voglia restituire solo parte di quanto dovuto, e solo ad alcune categorie di pensionati. Non tutto e non a tutti! Perché Renzi ha speso tutti i soldi (10 miliardi) per il bonus degli 80 euro, senza lasciarsi alcun margine di bilancio nel caso di «imprevisti»; 2) pare che voglia rinviare la decisione a dopo le elezioni regionali, per evitare di perdere il consenso di quei pensionati che verranno tagliati fuori.
Su questo, tra l'altro, si sta consumando uno scontro tra Palazzo Chigi e il ministero dell'Economia e delle finanze: da un lato, il presidente del Consiglio che non ha intenzione di approvare il decreto in tempi brevi, e il ministro Padoan, che, da un lato deve mantenere i rapporti con l'Europa, dall'altro teme che se non si interviene subito, quando i pensionati interessati riscuoteranno il primo assegno post sentenza della Corte Costituzionale avranno in mano il titolo per ricorrere contro il Tesoro. Ma dopo la sentenza della Corte, nessuna discriminazione è più accettabile. Il governo paghi tutto, e non giochi con la vita dei pensionati.
Secondo le simulazioni dell'Ufficio parlamentare di bilancio, rese note giovedì scorso all'interno del «Rapporto sulla programmazione di bilancio 2015», per i pensionati oltre 3,5 volte il trattamento minimo il rimborso degli arretrati (2012, 2013 e 2014) ammonterebbe a 3.007 euro, e nel 2015 gli stessi avrebbero un aumento del proprio assegno pensionistico pari a 1.229 euro. Totale: 4.236 euro per ogni pensionato. Per chi ha un assegno superiore a 4,5 volte il minimo, il rimborso degli arretrati ammonterebbe a 3.789 euro e nel 2015 l'aumento della pensione sarebbe pari a 1.547 euro. Totale: 5.336 euro. Per i pensionati oltre 5,5 volte il minimo il rimborso ammonterebbe a 4.501 euro e l'aumento nel 2015 a 1.833 euro. Totale: 6.334 euro. Per i pensionati oltre 9,9 volte il minimo, infine, l'ammontare degli arretrati sarebbe pari a 6.959 euro e l'aumento nel 2015 pari a 2.831 euro. Totale: 9.790 euro.
La fortuna sembra
aver girato le spalle al Principe fiorentino: non gliene va più bene una. E gli si sta preparando la maledizione di D'Alema-Montezuma: dopo il colpo di Palazzo, perdere le Regionali e andare tristemente a casa. Per sempre.
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