Governo Pd-M5S, i dem confessano: "Lavoravamo già al patto"

Il retroscena inedito. Un esponente Pd: "Noi a questa maggioranza avevamo iniziato a lavorare". La svolta per il Conte Bis con il voto per Ursula von der Leyen

Governo Pd-M5S, i dem confessano: "Lavoravamo già al patto"

L'inizio della crisi può essere spostato indietro di qualche settimana, prima cioè della decisione a sopresa di Matteo Salvini di rovesciare il governo e di dare il via al valzer delle consultazioni d'agosto. La frattura vera nasce dalla decisione di Pd e M5S di appoggiare (insieme) Ursula von der Leyen come capo della Commissione Ue. La Lega non era d'accordo, ma Conte ha tirato dritto. Anche l'elezione di David Sassoli al Parlamento europeo è un capitolo della stessa storia.

Non è un caso se poco dopo quell'avvicinamento, da una parte e dall'altra siano iniziati i corteggiamenti. Nella compagine grillina non mancavano i pontieri e Francescini (guarda caso, oggi diventato ministro) a luglio sottolineava che "i Cinquestelle sono diversi dalla Lega". Erano solo i primi segnali, ma significativi. E infatti i muri alzati da Renzi e Di Maio ("mai col partito di Bibbiano", ricordate?) erano solo fuochi d'artificio per dare il tempo a chi di dovere di annusarsi politicamente. Tramando alle spalle della Lega.

A "confessare" che da tempo l'inciucio si stava preparando alle spalle della Lega è un importante esponente del Pd che, in anonimato, spiega al Corriere come la crisi il tira e molla d'agosto tra Pd-M5S sia stato tutto meno che imprevisto. "È stata una sfida - dice il piddino - tra due scommesse: da una parte Salvini, che scommetteva non avremmo fatto in tempo a costruire una nuova maggioranza; dall'altra noi, che a quella maggioranza avevamo iniziato a lavorare, scommettendo a nostra volta che Salvini avrebbe aperto la crisi entro l'estate". Ecco la conferma dei sospetti di molti: alla nuova maggioranza "avevamo iniziato a lavorare" ben prima che l'ex ministro dell'Interno aprisse le danze della crisi.

E allora si spiegano tante cose. Si spiegano le parole di Giuseppe Conte, che in Aula per il caso Russiagate disse che "in questo consesso tornerò se ci fosse una cessazione anticipata del mio incarico". Insomma: la macchina era già al lavoro in vista delle mosse di Salvini.

Il quale, in effetti, ha provato a denunciare che l'accordo Pd-M5S era "un ribaltone pronto da tempo, se da una settimana all'altra si passa dalla lega al Pd. L'accordo votato a Bruxelles sulla commissione imposta da Merkel e Macron aveva l'obiettivo di riportare indietro l'Italia e si spiegano i tanti no del governo degli ultimi mesi". Ora ci sono le "prove".

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