Roma. Uno «strumento di garanzia» per molti esponenti della sinistra, specie quella vicina a no global e disobbedienti, che spingono in questa direzione fin dai tempi del G8 di Genova. Un modo subdolo di schedare gli agenti, invece, esponendoli a denunce immotivate e ritorsioni, secondo il centrodestra (e secondo i diretti interessati).
Il numero di identificazione sulle divise dei poliziotti da tempo è un argomento scottante, un tema che divide opinione pubblica e forze politiche. Ieri a Montecitorio sembrava essere andato in scena l'ennesimo tentativo di imporre il «marchio» con un blitz, nello specifico con le sembianze di un emendamento firmato Movimento Cinque Stelle al ddl di conversione del decreto 20 febbraio 2017, n. 14, che prevedeva «disposizioni urgenti in materia di sicurezza delle città».
Il tema è il solito: introdurre l'obbligo di «targare» il personale delle forze di polizia quando impegnato in servizio di ordine pubblico con un codice identificativo personale da applicare sulle divise. Ma l'emendamento viene dichiarato inammissibile, perché estraneo «per materia» al provvedimento all'esame dell'assemblea, e così prima ancora che Forza Italia e le altre forze di opposizione potessero salire sulle barricate per difendere le forze dell'ordine, la questione sembrava già accantonata.
Ma in serata, a sorpresa, il governo presenta un altro emendamento, molto simile, sullo stesso, delicatissimo tema. È un compromesso, che prevede che gli agenti espongano «un codice finalizzato a consentirne l'identificazione durante il servizio di ordine pubblico in relazione al reparto di appartenenza». Vietando inoltre «l'uso di caschi e uniformi assegnati a operatori di altro reparto» che avrebbe vanificato il senso stesso del codice e prevedendo anche una sanzione di 5.000 euro (poi ritoccata al ribasso e fissata in 2.500 euro).
A quel punto il presidente dei deputati azzurri Renato Brunetta ha sollevato il problema, protestando con il tentativo di far rientrare dalla finestra un emendamento affine a quello già precedentemente dichiarato inammissibile.
Con la presa di posizione di Forza Italia, decisamente contraria al testo presentato, anche il secondo blitz cade nel vuoto, e la presidente della Camera Laura Boldrini, chiamata in causa, chiude i giochi e sentenzia che, in coerenza con l'inammissibilità dichiarata per l'analogo emendamento presentato dal Movimento Cinque Stelle in mattinata, anche questo tentativo dell'esecutivo di riproporre la questione andava espunto dalla lista delle proposte di modifica al testo in via di conversione.
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