L a certezza granitica che la crescita di quest'anno segnerà un aumento dello 0,9 per cento è rimasta solo a Matteo Renzi e a Pier Carlo Padoan. «Il Pil continuerà ad aumentare», dice il presidente del Consiglio. «La crescita viene confermata dalle nostre valutazioni e non smentita come qualche polemica del week end potrebbe far pensare», aggiunge il ministro dell'Economia in relazione agli effetti negativi sui consumi dell'offensiva terroristica.In realtà, a gettare un'ombra sulla possibilità di raggiungere gli obbiettivi di aumento del Pil per quest'anno e per il prossimo è l'Istat. L'Istituto centrale di statistica indica un'inflazione acquisita per il 2015 dello 0,1%, a fronte di uno 0,3% previsto dal governo. «Certo - commenta Padoan - un'inflazione più alta sarebbe utile».Quello «0,2%» d'inflazione in meno riduce di altrettanto la previsione della crescita. Il dato del Pil, infatti, viene rilevato in termini nominali; cioè, Pil reale e inflazione. Ne consegue che se l'inflazione cresce meno del previsto, anche il Pil rallenta. E la situazione rischia di peggiorare nel 2016, quando l'inflazione prevista dal governo è dell'1% e l'aumento del Pil dell'1,4/1,6%.Un livello più basso del Pil fa saltare le previsioni di finanza pubblica sia di deficit sia di debito. Per queste ragioni, il ministro dell'Economia ritiene che un'inflazione più alta sarebbe «utile» per la riduzione del debito. «Una delle variabili che condizionano il debito è proprio l'andamento dei prezzi». E se questi sono bassi (visto che influenzano il Pil, cioè il denominatore dei rapporti di finanza pubblica), il debito rallenta la discesa o aumenta.E a proposito del debito, il ministero dell'Economia rende noto che gli strumenti derivati sul debito pubblico ammontano a 163,040 miliardi. Vale a dire che poco meno di 10 punti di debito pubblico (pari al 130% del Pil) sono in mano a strumenti finanziari attivati in epoche passate. E che inizieranno a ridursi solo nel 2019, per dimezzarsi nel 2023.I derivati sono legati a meccanismi piuttosto complicati. Per esempio, per alcuni strumenti si vocifera che i rendimenti fossero favorevoli in epoca di alti tassi d'interesse. Ma ora che sono appena sopra lo zero, i rendimenti dei derivati siano particolarmente onerosi. Il problema è che nessuno ha mai visto i contratti di questi derivati.Maria Cannata, il dirigente del ministero dell'Economia che gestisce il debito pubblico, esclude che sul tema sia stato mai alzato il «segreto di Stato». «Un'ipotesi del genere non è mai esistita», annuncia. Ma precisa che «nessuno al mondo dà informazioni pubbliche su questi dettagli. Non si parla di segreto di Stato, ma ciò non significa che qualsiasi informazione sul debito possa essere divulgata».Formula che Renato Brunetta non condivide. Rivolgendosi direttamente alla Cannata e alla storia del «segreto di Stato», il capogruppo di Forza Italia alla Camera contesta al dirigente dell'Economia «che il suo ministero e il suo ministro Padoan si siano sempre opposti alla Total disclosure di questi controversi contratti, che hanno un valore nozionale di 167,7 miliardi, con perdite potenziali per 42,6 miliardi». E aggiunge: «Se non ha nulla da temere, la dottoressa Cannata pubblichi tutti i contratti derivati della Repubblica italiana, e risponda alle innumerevoli richieste di trasparenza del Parlamento, come è stata già chiamata a rispondere in Tribunale». Il riferimento è all'inchiesta avviata dal Tribunale di Trani.
Brunetta, poi, si scaglia contro Padoan e Renzi per quanto riguarda la conferma della crescita allo 0,9% nonostante l'inflazione più bassa del previsto. Il presidente dei deputati azzurri dice apertamente: «Padoan mente». E prevede che il presidente del Consiglio gli chiederà presto le dimissioni. Mentre il giudizio nei confronti di Renzi è: «Patetico».- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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