Arese (Milano) - «Nel capannone di via Cavazza, a Modena, dove da due anni stiamo lavorando sulla nuova gamma Alfa Romeo, ho fatto appendere una serie di cartelli con questa scritta: «Il non si può fare non esiste». È il motto che ha portato lo « Stunk Works » («Squadra Puzzola»), guidato dall'ingegnere francese Philippe Krief, con un passato in Ferrari, a emulare quel gruppo di persone che durante la Seconda guerra mondiale, in meno di 150 giorni e in gran segreto, su incarico della Lockheed, ha sfornato un caccia capace di contrastare l'avanzata dei tedeschi. Ebbene, nel caso italiano, dal bunker modenese è uscita la nuova Alfa Romeo Giulia, prima di 8 modelli che, al ritmo di uno ogni 6-8 mesi, intendono riportare il Biscione al centro dello scenario automobilistico mondiale. E, guarda caso, anche qui ci sono di mezzo i tedeschi, i costruttori premium che la nuova Alfa Romeo ha messo nel mirino.
Ingegner Krief, la «Squadra Puzzola» è finalmente uscita dal bunker.
«Siamo partiti due anni fa in 10 e il numero dei componenti è salito a circa 800. I primi tre mesi sono serviti a impostare la vettura, a definire il target e le scelte macrotecniche. Il tutto è stato condiviso con l'ad Sergio Marchionne e Harald Wester, il responsabile di Alfa Romeo».
Una squadra di tecnici super selezionati.
«Sono tutti ingegneri: progettisti, motoristi, calcolisti, sperimentatori e preparatori di prototipi. Provengono da 20 Paesi. Ci sono diversi neo laureati e l'età media è 35 anni».
Come li avete scelti?
«In base allo spirito, perché le competenze tecniche si trovano dappertutto, e la visone globale. E poi la determinazione, che è ciò che conta. Bisognava fare una vera Alfa Romeo, quella che gli appassionati hanno nel cuore».
Oltre all'ingegner Wester, ci sono altri tedeschi nel team?
«Certo».
E hanno dovuto adoperarsi per realizzare una gamma premium «anti-tedesca».
«È vero che il riferimento era quello tedesco, di Bmw, ma le sensazioni che Giulia e gli altri modelli garantiranno sono quelle insite nel Dna di Alfa Romeo. È stato prezioso, in proposito, l'apporto di alcuni collaudatori storici del marchio».
E Marchionne?
«Ci ha dato uno Tsunami da vincere. L'input era quello di realizzare, da un foglio bianco, una gamma che partisse dal segmento C per arrivare a quello E, incluso il Suv. La piattaforma “Giorgio”, grazie alla sua modularità, ci permette di fare questo. Sul Suv si è già alla fase dei prototipi».
Un aneddoto?
«Era il 23 dicembre 2013 e provo il primo prototipo di sospensione anteriore su un'altra macchina. Non mi convince. Chiamo il responsabile, Alberto Nicoletta, e gli dico che bisogna cambiarla: “Alfa ha bisogno di più”. In un battibaleno ha allestito un team. Hanno lavorato tra la vigilia di Natale e il 7 gennaio 2014. E il risultato è stato positivo».
Giulia, non Giulia: alla fine è rimasto Giulia.
«Non toccava a me occuparmene. Ma mi è sempre piaciuto».
Alla fine siete riusciti a mantenere segreto il vostro lavoro.
«Fuori dal capannone si sono visti spesso fotografi e operatori. Per il 99,9 per cento ci siano riusciti, anche se su alcuni media ho visto dettagli un po' troppo precisi per essere solo frutto dell'immaginazione...».
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