Subito dopo Ferragosto scoppia un'latra grana per il governo Renzi. Questa volta a mettere con le spalle al muro il premier e il ministro della Funzione Pubblica, Marianna Madia, sono gli statali e i sindacati. A far crescere la tensione è il rinnovo dei contratti con il relativo aumento. "Dopo sette lunghi anni di penalizzazione retributiva, la riapertura della contrattazione nel Pubblico Impiego presuppone la disponibilità di nuove risorse, che siano sufficienti a garantire un recupero adeguato del potere di acquisto da parte dei dipendenti pubblici". "La sentenza della Corte Costituzionale dello scorso anno sull’illegittimità del blocco della contrattazione - ricorda il dirigente sindacale - ne escluse la retroattività al fine di evitare una voragine nel bilancio dello Stato. Sul punto fu determinante la sponda che l’Avvocatura generale dello Stato offrì alla Consulta, nel momento in cui quantificò il costo dei mancati rinnovi contrattuali - nel periodo 2010-2015 - in ben 35 miliardi di euro". "Purtroppo - osserva Turco - si trattò di una quantificazione nettamente sovrastimata (più del 50%) dal momento che erroneamente (o appositamente) l’importo era stato calcolato al lordo di tasse e contributi previdenziali, mentre - in presenza di una stima più corretta e realistica - l’impatto sarebbe stato senz’altro più sostenibile e tale da non costituire un deterrente così forte alla retroattività della sentenza, andando poi ad incidere sulla problematica degli arretrati". E i sindacati fanno i conti in tasca agli statali rilevando le perdite mensili in busta paga. La Cisl Fp sottolinea che gli stipendi sono tornati ai livelli del 2001. "Trentacinque miliardi per cinque anni come certificato dall’Avvocatura dello Stato nella memoria presentata alla Corte Costituzionale - afferma all’AGI Michele Gentile, coordinatore del dipartimento del pubblico impiego della Cgil - equivarrebbero a 7 miliardi per ogni anno. Al lordo delle tasse, per 3,3 milioni di dipendenti pubblici significherebbe almeno 212 euro perse al mese per ogni anno, destinate a crescere. Questa sarebbe la perdita retributiva dovuta al blocco dei contratti".
Class action sul blocco degli stipendi per gli statali
Intanto il Codacons ha presentato il primo ricorso collettivo al Tar del Lazio contro il blocco degli stipendi nel pubblico impiego. L’iniziativa in difesa dei primi "2.000 dipendenti pubblici chiedono risarcimento danni e indennizzo per perdita di potere d’acquisto" avanza la richiesta di "condannare lo stato a pagare 10.400 euro ad ogni ricorrente, oltre 33 miliardi da restituire a 3,2 milioni di lavoratori". "Come noto con sentenza n. 178 del 24 giugno 2015 - ricorda una nota - la Corte Costituzionale ha dichiarato l’illegittimità del regime di blocco del rinnovo della contrattazione collettiva per il personale pubblico dipendente attuato con il DL n. 78/2010, conv. in Legge n. 122/2010. Illegittimità limitata al periodo successivo alla pubblicazione della sentenza stessa, ossia a far data dal 30 luglio 2015.
Con raccomandata del 26 gennaio 2016 il Codacons, per conto dei primi 2000 dipendenti pubblici che hanno aderito all’azione collettiva dell’associazione, ha diffidato una serie di Amministrazioni pubbliche (Asl, Ministeri, Regioni, Province, Comuni, ospedali) a dare immediata esecuzione alla sentenza della Consulta, provvedendo, ognuna secondo le proprie competenze, a dare corso alle procedure contrattuali e negoziali relative al nuovo triennio 2016-2018 per il personale e ad adottare tutti gli atti dovuti".- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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