Nel profondo sud della Libia si combatte una guerra senza esclusione di colpi fra le formazioni armate più forti del paese. La posta in gioco non è solo militare e politica. Attraverso Sabha, capoluogo della regione desertica del Fezzan, si snoda la principale via del traffico di essere umani verso l'Italia. Chi controllerà il territorio potrà aprire o chiudere il flusso verso il nostro paese. Per questo da Roma si guarda molto da vicino la battaglia per la porta d'ingresso in Libia di migranti e clandestini. «Sabha è il cuore della rotta centrale africana che collega il Sahel e l'Africa Occidentale alla costa. La città è divisa fra 17 milizie tribali, che controllano ognuna un pezzo del traffico e si combattono e si alleano con le mafie del Chad e, soprattutto della Nigeria, per conquistare quote di mercato» spiega Sergio Bianchi, direttore di Agenfor international, Ong italiana con sede a Tripoli specializzata in sicurezza.
Le forze dell'autoproclamato esercito libico del generale Khalifa Haftar, che si muovono dalla Cirenaica, hanno conquistato l'aeroporto militare a 28 chilometri da Sabha. Ieri sono riesplosi scontri molti duri con la cosiddetta «terza forza», la potente milizia di Misurata che controlla altre basi nella zona. Gli schieramenti sono alleati con le opposte fazioni dell'area ed il governo di Tripoli del premier Fajaz Serraj appoggiato dall'Onu e soprattutto dall'Italia ha inviato rinforzi al fianco dei combattenti di Misurata.
Dal 5 aprile il parlamento di Tobruk, braccio politico di Haftar, ha deciso di riaprire il dialogo con i rivali di Tripoli. Non a caso l'ambasciatore italiano Giuseppe Perrone ha incontrato due giorni fa il presidente del parlamento Aqilah Saleh e lo stesso generale Haftar in Cirenaica.
Attraverso Sabha lo scorso anno sono arrivati con i barconi oltre 170mila persone in Italia. «Le basi finanziarie sono in Italia e i pagamenti e le garanzie sul traffico sono fatte dall'Italia, attraverso telefonini e pagamenti con il sistema hawala o via Western Union. - spiega Bianchi - Quando hanno il numero di transfer autorizzano il passaggio di merci come benzina, cocaina, armi e persone, attraverso Sabha, come un normale spedizioniere». I barconi sulle coste libiche sono l'ultimo segmento del traffico di esseri umani. «Sabha è il principale corridoio di traffici illegali da sud a nord - ammette il sindaco della città, Hamid al-Hayali - Le nostre forze di polizia sono inadeguate. Ci manca tutto, i mezzi, l'addestramento». Le milizie alleate delle mafie etniche la fanno da padroni. Lo stesso carcere di Sabha è stato chiuso per l'impossibilità di difenderlo e le guardie costrette ad abbandonarlo.
Per stabilizzare la Libia e Sabha il ministro dell'Interno, Marco Minniti, ha chiuso un accordo a Roma con i rappresentanti delle tribù del sud in particolare fra Abna Suleyman e i Tebu, con il supporto dei Tuareg.
Il generale Paolo Serra, consigliere per la sicurezza dell'inviato speciale dell'Onu per la Libia e lo stesso governo italiano puntano ad una «politica dell'appoggio a pioggia» a gran parte delle forze in campo. Bianchi è convinto che l'unico modo per evitare l'ennesima «invasione» via Libia prevista per quest'estate «è di gestire i campi profughi, secondo modelli del sistema penitenziario italiano».
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