Tra gufi e avvoltoi sul voto ora il premier teme il ko

Renzi sa di non poter vincere nelle cinque grandi città alle urne in primavera e prepara la strategia per affrontare fronda Pd e opposizioni, pronte ad approfittare della sconfitta

Tra gufi e avvoltoi sul voto ora il premier teme il ko

Torna sulle piste di Courmayeur, per la breve vacanza di inizio d'anno. Ma stavolta, memore dell'infinita polemica sul volo di Stato dell'anno scorso, Matteo Renzi si è messo al volante dell'auto di famiglia e ha guidato da Firenze alla Valle d'Aosta.

Non prima di lasciare su Facebook gli auguri di Capodanno agli italiani, nonché una rapida sintesi della lunghissima conferenza stampa di martedì. Con una sottile correzione di alcuni toni eccessivamente trionfalistici del giorno prima: «In questo 2015 abbiamo fatto molto, compreso qualche errore di troppo», ammette il premier. «Il fatto è che dopo anni di immobilismo, finalmente la politica agisce, anziché restare confinata a urlare nei talk-show. Non è più così», promette. E poi, riprendendo l'eterno tormentone dei «gufi»: «Lo so. Sembrano numerosi quelli che protestano, che urlano che va tutto male, quelli che noi chiamiamo gufi perché pur di andare contro il Governo sperano che l'Italia fallisca. Ma gli italiani sanno benissimo che l'unico modo per rilanciare questo bellissimo Paese è mettersi in gioco, rischiare, provarci».Il rischio principale che Renzi si trova davanti, nel 2016, è quello delle elezioni amministrative. Il premier sta abilmente costruendo un'agenda alternativa, mettendo in gioco la sua stessa permanenza a Palazzo Chigi e al vertice del Pd sul referendum confermativo della sua riforma costituzionale.

Ma è il primo a sapere che il voto nei Comuni verrà prima, e che sarà difficile tenere il governo completamente al riparo dal suo esito: la sfortuna, dal suo punto di vista, è che tutte le principali città dove si andrà al sono ora governate dal centrosinistra. Confermarle tutte, vista la situazione in molti comuni, è matematicamente impossibile. E avversari esterni e nemici interni di Renzi sono in attesa di vedere quali roccaforti cederanno per presentargli il conto. I primi sono proprio i suoi compagni di partito della minoranza Pd, che l'avvento di Renzi ha ridotto da anni a rancorose comparse della politica e che non vedono l'ora di avere qualche rotonda sconfitta da imputare al giovane leader per ridimensionarlo o addirittura, nei sogni più segreti, ribaltarlo. «Renzi? È prigioniero di un modulo che ha stancato», assicura il bersaniano Miguel Gotor, che già inizia a smontare il referendum costituzionale, sostenendo che «non si può trasformare un prezioso istituto di democrazia diretta in strumento plebiscitario», e a ogni buon conto avvisa: «E poi, prima, ci sono le amministrative».

Roma, Napoli, Milano, Torino, Bologna: se alcune di queste città cadessero, intorno alla leadership di Renzi inizierebbe la sarabanda degli avvoltoi, più che dei gufi.Nel frattempo, non è che sugli altri fronti regni la pace. A metà gennaio il premier vuole dare l'accelerata definitiva alla legge sulle unioni civili, un passo avanti che gli guadagnerebbe consensi liberal e a sinistra. Pur tenendone fuori il governo e affidando il verdetto al parlamento, Renzi ha detto chiaro e tondo che lui la legge la vuole, presto e con dentro la stepchild adoption. Argomento che divide il Pd (i senatori contrari sono meno di 20), oltre a far venire le coliche ai cattolici di Ncd (ma Alfano assicura che non è certo un argomento da crisi di governo). La maggioranza trasversale per approvare le adozioni c'è, almeno sulla carta, visto che Sel e grillini sono favorevoli, e anche in Forza Italia molti (da Brambilla a Prestigiacomo a Lainati) sono pronti a votarle.

Ma a scrutinio segreto, il fronte anti-renziano, da Cinque Stelle a Sel a pezzi di Pd, potrebbe coagularsi per farle cadere, senza prendersene la responsabilità. Con l'obiettivo di fare un dispetto al premier e sbandierarne poi l'incapacità a realizzare riforme di sinistra.

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