La ministra Fedeli scende in campo e, senza giri di parole, mette la pietra tombale sulla «buona scuola, presunto fiore all'occhiello del governo Renzi. Da ex sindacalista spiega che tutta la colpa è stata quella di non coinvolgere i docenti nella riforma e poi sparacchia la sua idea innovativa per la scuola futura: l'obbligo scolastico deve essere esteso fino ai 18 anni d'età. Lei sostiene che questo prolungamento degli studi sia necessario perché «se vogliamo costruire una vera economia della conoscenza, dobbiamo allargare i numeri all'alta formazione».
La spiegazione di cosa sia «una vera economia della conoscenza» la lascio a chi è più colto di me, comunque ci si può semplicemente domandare se alzare l'obbligo scolare sia obiettivamente opportuno nel nostro attuale sistema formativo. Senza nascondermi dietro a un dito, mi sembra assolutamente inutile e, perfino, dannoso.
Perché non ci si chiede come mai la nostra scuola media superiore (i licei) dura cinque anni e non quattro come in tutti i grandi Paesi europei? La risposta è semplice: la scuola è pensata per dare posti agli insegnanti e non per formare gli studenti. E siccome gli insegnanti non sono cretini e non vogliono farsi mortificare da questa o quella leggina sulla scuola, ma chiedono dignità e rispetto, non a caso hanno votato in massa contro il referendum renziano sulla Costituzione: dove hanno potuto hanno fatto sentire la loro contrarietà alla «buona scuola» del governo Renzi.
La formazione di un ragazzo d'oggi, rispetto a quella di vent'anni fa, è radicalmente cambiata. Quella della scuola è una realtà culturale sussidiaria rispetto alla complessità degli strumenti conoscitivi e mediatici di cui egli dispone per lo sviluppo delle sue capacità cognitive. La sua crescita è molto più rapida di quella dei coetanei nati vent'anni prima di lui, e poiché il nodo cruciale della formazione è oggi quello tra gli undici e i quattordici anni, quella che va subito cambiata è la scuola media, dove programmi e modalità d'insegnamento sono obsoleti.
Se la scuola media fosse adeguata ai nostri tempi, ecco che i due anni successivi, tra i quattordici e i sedici anni (d'obbligo), dovrebbero essere di orientamento culturale e professionale. Per esempio, è doveroso rivalutare tutto l'insegnamento che riguarda il mondo dell'artigianato, da quello tecnico a quello artistico: a sedici anni un giovane può entrare nel mercato del lavoro artigiano a testa alta, senza patire l'umiliazione che questo tipo di istruzione sia di serie B, rispetto a quella che, in altri tre anni, porta alla maturità, un'esame che, fatto come si fa oggi, è ridicolo. L'alta formazione scolastica, come vuole la ministra, si fa modificando le discipline e le modalità d'insegnamento degli ultimi tre anni di liceo, cosa che farebbe subito comprendere che sarebbero sufficienti quattro anni, e non cinque, come in tutti i grandi Paesi europei.
Ma non è solo l'artigianato da rivalutare: la società moderna ha un bisogno estremo di veri studiosi di tecnologie, e se c'è una buona base formativa in una scuola media riformata, a sedici anni si può entrare in quel mondo professionale, anche in questo caso, a testa alta.
Portare l'obbligo scolastico
a 18 anni? Una sciocchezza. Piuttosto auguriamoci che il prossimo ministro della Pubblica Istruzione pensi a una vera riforma della scuola media e media superiore e non vari una leggina soltanto per ricordare il suo nome.
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