Roma - Le mani rapaci di Buzzi e dei suoi scagnozzi sulle parlamentarie del Pd del 2012. È un sospetto forte, che prende corpo leggendo i nomi di coloro che presero il maggior numero di voti a Roma in quell'appuntamento elettorale celebrato negli ultimi giorni del 2012 per dare una patina di democraticità al listino bloccato. Chi vinceva di fatto si garantiva il pass per Montecitorio. Una posta in gioco alta, che avrebbe giustificato l'interesse della cupola predona che si spartiva Roma. Del resto ogni campagna elettorale costa. Molti candidati alle parlamentarie del Pd riempirono Roma di manifesti a volte regolari altre volte no. Chiedersi chi pagò non è retorica.
Un sospetto che si rafforza ricordando quanto disse Marianna Madia nel giugno 2013, già onorevole grazie al sesto posto nelle parlamentarie: «A livello nazionale nel Pd ho visto piccole e mediocri filiere di potere. A livello locale, e parlo di Roma, facendo le primarie parlamentari ho visto delle vere e proprie associazioni a delinquere sul territorio». Una frase che passò quasi inosservata ma oggi evoca scenari inquietanti. E poi c'è Marco Di Stefano, l'esponente del Pd indagato per corruzione per una stecca da 1,8 milioni che avrebbe incassato da assessore della Regione Lazio. Di Stefano in quelle parlamentarie arrivò sedicesimo ed entrò a Montecitorio solo grazie alla strana rinuncia di Marta Leonori, che ad agosto 2013 preferì la giunta Marino alla Camera.
A Roma città trionfò Stefano Fassina, seguito da Ileana Argentin, Micaela Campana e Umberto Marroni. Gli ultimi due nomi spuntano nelle carte dell'inchiesta su Mafia Capitale. La spigliata Campana ieri ha gridato al linciaggio mediatico per un sms a Salvatore Buzzi da lei omaggiato con un «bacio grande capo». «Ma è un saluto che io utilizzo abitualmente». Sarà, ma l'onorevole Campana - che, va detto, non è indagata - era stata certamente contattata da Buzzi che le sollecitava un'interrogazione parlamentare in favore della sua cooperativa per un appalto bloccato dal giudice del Tar Linda Sandulli, e dalle intercettazioni lei non sembra sottrarsi. Poi l'interrogazione fu bloccata e lei può oggi dirsi immacolata, ma Buzzi la trattava da amica su cui può contare. Così come trattava da referente affidabile Marroni, che da onorevole, secondo l'informativa del Ros, avrebbe subito pressioni da Buzzi per presentare la stessa interrogazione. «Non la presi in nessuna considerazione», garantisce ora Marroni, non indagato.
E dagli atti dell'inchiesta spuntano richieste di una casa al duo Buzzi-Carminati in cambio di favori da parte dell'ex consigliere di Atac, Andrea Carlini, in quota Pd. L'informativa dei Ros parla di «conferme circa il ruolo rivestito dal consigliere comunale Pierpaolo Pedetti (Pd, presidente della VII commissione, ndr ), punto di riferimento per tutto ciò che concerne patrimonio e politiche abitative e progetti speciali, e destinatario di utilità in cambio dei favori elargiti». Una delle case, spiega la nota, «non è chiaro» se fosse destinata proprio a Pedetti. «Era stato evidenziato - scrivono i Ros - che Andrea Carlini aveva chiesto a Buzzi di acquistare, in suo favore, un appartamento di 50 mq.
Dalle parole riferite dallo stesso Buzzi, gli appartamenti in realtà si rivelavano due, pur non essendo chiaro se il secondo fosse destinato a Pierpaolo Pedetti (...) in collegamento con lo stesso Carlini». Le elargizioni erano «funzionali a ottenere illeciti vantaggi in procedimenti pubblici amministrativi».- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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