Roma Il giovane che sabato scorso, con uno scudo, ha rotto una spalla al brigadiere capo Luca Belvedere, durante gli scontri tra antifascisti e forze dell'ordine, nel corso della manifestazione a Piacenza contro l'apertura di una sede di Casapound, fa parte del Si Cobas, il sindacato intercategoriale di sinistra.
La conferma arriva da quella bandiera rossa annodata intorno al collo, che sia nel video del pestaggio del militare che dai fermi immagine delle telecamere della polizia si nota senza ombra di dubbio. Un militante, evidentemente, il cui gesto, per i suoi compagni, non solo è giusto, ma giustificabile in quanto costituisce «una reazione a una violenza indotta». Insomma, di fronte al tentativo delle forze dell'ordine di bloccare una manifestazione troppo accesa, anche se i militari sono in numero ridotto, per loro è lecito picchiarne uno e spaccargli una spalla. Cosa certa, mentre ci sono i primi due indagati - e nove identificati - per l'aggressione, è che il giovane non fa parte della rappresentanza di Piacenza. «È venuto da un'altra città spiega Bruno Scagnelli, del coordinamento piacentino del sindacato perché qui non l'ho mai visto. Noi conosciamo i coordinatori, ma non possiamo avere presenti tutte le facce. Mi dispiace per ciò che è successo. Ho visto un carabiniere dare una manganellata. Penso la reazione sia stata una difesa. Avevamo detto alla Digos di farci passare. Io ero davanti per tenere il gruppo, ma quando ho visto che la cosa degenerava sono andato indietro, dai miei compagni».
Ma non la pensano tutti come Scagnelli. C'è chi giustifica la violenza con la violenza. Francesco Cappuccio, militante del Si Cobas di Genova, lo dice senza mezzi termini: «La reazione dei ragazzi che hanno picchiato i carabinieri non è che una violenza indotta. C'è una violenza sociale che al di là delle persone deve esprimersi. La violenza fa parte dei rapporti sociali». Inutile far presente che a Belvedere è stata fratturata una spalla. «Io non ero a Piacenza - prosegue Cappuccio - ma credo che ci sia stata un'amplificazione di ciò che è successo ed è caduta in second'ordine un'azione tesa a generare questa violenza e cioè la possibilità di manifestare in centro per giuste ragioni».
Il carabiniere ferito, insomma, per gli antifascisti non è che un simbolo dello Stato. «Loro - spiega il militante del sindacato - hanno il monopolio della violenza. Un modo per risolvere le cose in altro modo? Quello di dare libera espressione alla protesta, uscire dallo schema siamo contro la violenza, equiparando quelle fasciste a quelle di chi, per disperazione, deve farsi largo per manifestare le proprie ragioni. Se formalmente i fascisti non devono avere un alterco, nella democrazia, invece, avviene il contrario». Ecco che la democrazia diventa il nemico da combattere. «Non abbiamo altri mezzi se non scioperare continua - resistere agli sgomberi e questa è la violenza diciamo indotta da un contesto ipocrita.
Chi è il ragazzo che ha picchiato il carabiniere? Non lo so, lì c'era un marasma, ma se potessi gli direi che se si potessero fare con i fiorellini tante cose sarebbe molto bello, ma anche che noi siamo costretti a difenderci e a difendere la libertà di manifestare per il nostro disagio. Sarebbe il caso che qualcuno spazzasse via quelli che sono dichiaratamente fascisti e si mettesse fine a questa ipocrisia».
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