I corrotti? Trattati peggio di narcos e stupratori

Niente semilibertà e servizi sociali ai condannati per reati contro la Pubblica amministrazione

I corrotti? Trattati peggio di narcos e stupratori

Milano - Politici trattati come mafiosi, e peggio degli stupratori e degli assassini. La norma se ne sta lì, appiattata all'articolo 5 della legge voluta dai grillini e subita dalla Lega. La legge è quella battezzata in modo un po' triviale «spazzacorrotti», approvata da entrambi i rami del Parlamento: e ha fatto discutere soprattutto per le norme che cancellano o quasi la prescrizione dal nostro ordinamento. Ma l'allungamento a dismisura della prescrizione entrerà in vigore solo l'1 gennaio 2020. In vigore e da subito, appena il Capo dello Stato l'avrà controfirmato, è il resto della legge. Compreso quell'articolo 5 passato quasi sotto silenzio persino nella relazione che il ministro della Giustizia Alfonso Bonafede ha fatto alle Camere, e che ora turba i sonni di avvocati e imputati eccellenti.

Tecnicamente, la nuova norma modifica l'articolo 4bis dell'ordinamento penitenziario. In sostanza, rende quasi impossibile l'accesso ai benefici carcerari dei condannati per una serie di reati contro la Pubblica amministrazione: tutte le ipotesi di corruzione attiva e passiva, nonché il recente reato di traffico di influenze illecite. E c'è anche il peculato, ovvero il reato contestato a numerosi consiglieri regionali per i «rimborsi facili». Chi sarà stato condannato per questi reati potrà uscire dal carcere solo a pena espiata: niente affidamento ai servizi sociali, né semilibertà, né permessi, né lavoro esterno.

È un trattamento assai severo che finora era riservato unicamente ai responsabili di ben altri reati: l'associazione mafiosa, il narcotraffico organizzato, il terrorismo, la prostituzione minorile. Tutti questi condannati possono sperare nei benefici, dice l'articolo 4bis, «solo nei casi in cui tali detenuti e internati collaborino con la giustizia». Devono pentirsi, insomma: è una norma emergenziale, introdotta dopo le stragi di mafia del 1992. E che ora viene estesa ai politici. Conseguenza: un condannato per omicidio o pedofilia potrà ottenere i benefici anche senza «cantare», basterà una «osservazione scientifica della personalità» condotta durante la detenzione. Un assessore condannato per una tangente resterà in galera.

Giusto o sbagliato? Di certo c'è che l'imminente entrata in vigore della norma sta producendo un terremoto in innumerevoli processi dove gli imputati e i loro avvocati stavano trattando con l'accusa una sentenza che con le vecchie norme avrebbe consentito al condannato di espiare la pena senza entrare in carcere, e che ora invece lo farà finire in cella dritto filato. E la preoccupazione rasenta il panico per quegli imputati che l'accordo con la Procura l'avevano già concluso, che hanno già patteggiato la propria pena e aspettavano a piede libero l'affidamento ai servizi sociali. E che ora temono di vedersi prelevati e consegnati al carcere più vicino.

In questi giorni i vertici dei tribunali di sorveglianza stanno riunendosi urgentemente per scegliere come comportarsi.

La norma è retroattiva o vale solo per il futuro? L'orientamento prevalente è che le sentenze già emesse e i benefici già concessi non possano venire modificati. Ma non è escluso che qualcuno possa pensare di applicare lo «spazzacorrotti» anche al passato: come d'altronde già sta accadendo per la cosiddetta «legge Severino».

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