I cristiani non devono fuggire dalle terre insanguinate di Siria e Iraq inseguendo un illusorio Eldorado europeo, ma «rimanere e resistere» come odierni martiri. Le false primavere arabe, l'Ue che non riconosce le radici cristiane e gli occidentali che difendono i diritti di tutti ma quasi si vergognano di farlo per chi crede in Gesù. Non è stato politicamente corretto il convegno «Help Christians» organizzato dalla Regione Lombardia, la fondazione pontificia Aiuto alla Chiesa che soffre, in collaborazione con Gli occhi della guerra, il portale di reportage sostenuto dai lettori del Giornale (tra i presenti anche l'ad del giornale.it Andrea Pontini). «La Lombardia ricorda le radici cristiani, l'Unione europea no», ha attaccato l'assessore alla Cultura, Cristina Cappellini. Alfredo Mantovano ha rincarato la dose elencando i buchi neri del dramma dei cristiani, come il primo paese persecutore, la Corea del Nord. E poi ha ricordato che fra qualche giorno, il 13 novembre, non verrà dimenticata la strage del terrore di Parigi. «Il presidente americano Barack Obama dichiarò: erano attentati contro tutto il nostro mondo - sottolinea Mantovano -. Ma non ha detto lo stesso per la strage di Garissa in Kenya», costata la vita a 150 studenti cristiani passati per le armi dai tagliagole somali. Qualche mese l'inquilino uscente della Casa Bianca in Kenya tirò le orecchie alle autorità locali «che non rispettano abbastanza i diritti Lgbt». Ci strappiamo le vesti per categorie «di moda» dimenticandoci o addirittura vergognandoci un po' dei fratelli cristiani.
Monsignor Mtanios Hadad è nato nei dintorni di Malula, una piccola perla della fede in Siria, dove si parla l'aramaico, l'antica lingua di Cristo, sfregiata dai tagliagole di Al Qaida. Il suo intervento di 15 minuti dovrebbe venir trasmesso nell'ora di punta dei Tg nazionali. Il presule ha denunciato «le false primavere arabe, che hanno spezzato la convivenza fra religioni». E lanciato un vibrante appello ai cristiani a non lasciare la loro terra affidandosi ai Caronte del traffico di uomini. «Non andate oltreoceano perché la vostra terra ha bisogno di voi. Noi siamo i martiri, il sangue della chiesa, che ha bisogno di ogni cristiano a casa sua», ha tuonato monsignor Hadad scatenando scroscianti applausi. Anche don Lolli, a nome della diocesi di Milano, ha usato parole coraggiose invitando i cristiani «a rimanere e resistere» nonostante la cieca violenza delle bandiere nere. L'alternativa è l'estinzione della millenaria presenza cristiana in Medio Oriente.
Padre Rebwar da Mosul ha mostrato una straziante litania di foto sul prima e dopo, sulle chiese in festa e le croci spezzate dalle bandiere nere, sui preti e vescovi martiri fin dal 2004, dopo la caduta di Saddam Hussein, quando il Califfato non esisteva. Adesso i peshmerga curdi che l'Italia addestra e l'esercito di Baghdad che l'Occidente appoggia hanno lanciato la grande offensiva per cacciare lo Stato islamico da Mosul, la «capitale» irachena del Califfo. Il convegno di ieri è iniziato con le immagini della chiesa di Bartella, liberata nei giorni scorsi.
Le bandiere nere l'hanno distrutta, ma i liberatori con le lacrime agli occhi mettevano assieme due pali di legno per innalzare una croce. Manteniamo la promessa: «Mai più» persecuzioni nell'antica culla della cristianità.
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