I dieci giorni che riscriveranno la storia del Vecchio continente

Dall'addio di Napolitano alle elezioni elleniche passando per Bce e Fed: a gennaio si deciderà il destino dell'Europa

I dieci giorni che riscriveranno la storia del Vecchio continente

In una settimana l'Europa per come la conosciamo potrebbe cambiare volto. Forse per sempre. A cento anni dal primo conflitto mondiale che ha segnato l'inizio del cosiddetto «secolo breve» il Vecchio continente si trova sulle barricate ma stavolta la guerra si combatte a colpi di spread, costo del denaro e tassi di interesse, in mezzo alla crisi del rublo e al prezzo del petrolio tornato al 2009.

Il primo appuntamento decisivo è l'addio definitivo, ufficiale del capo dello Stato Giorgio Napolitano, che fonti del Quirinale collocano tra il 18 e il 20 gennaio, qualche giorno dopo la fine formale dell'inutile semestre italiano di presidenza della Ue, prevista per il 13. Per 15 giorni, fin quando il Parlamento non sarà chiamato a esprimersi sul successore - si spera già alla prima chiama con la maggiore intesa possibile tra centrodestra e centrosinistra - il Paese si ritroverà a essere guidato «solo» da un presidente nominato e non certo scelto dai cittadini, per la terza volta consecutiva, e senza più il garante della democrazia e della Costituzione. Quindici giorni che non passeranno in fretta, in cui l'Italia si potrebbe ritrovare nuovamente strattonata dai mercati finanziari e in balia delle speculazioni che già troppe volte hanno scandito i tempi e i modi della politica, a partire dalla cacciata di Silvio Berlusconi nel 2011 decisa a tavolino dall' establishment Ue.

Il 21 gennaio sarà il Consiglio direttivo della Bce a doversi riunire per decidere le prossime mosse di politica monetaria. Si troverà una Ue ormai in deflazione, avvitata in una spirale negativa, e dovrà decidere se schiacciare il bottone rosso del quantitative easing , l' Armageddon dell'acquisto massiccio di titoli di Stato, magari Btp, bond greci o Bonos spagnoli per cercare di dare l'ultima scossa per rianimare l'Europa. A guidarla sarà Mario Draghi, nome gettonatissimo per la successione a Napolitano, che certo non si farà incantare dalle sirene che lo vorrebbero al Quirinale per far posto a un governatore, magari per mettere un nome più gradito alla Germania.

Già, Angela Merkel. La Cancelliera che si è disegnata un'Europa su misura verrà in Italia, a Firenze, per incontrare il premier Matteo Renzi in un incontro bilaterale che si annuncia decisivo. Per il premier sarà il momento dello showdown, come a poker: se non sarà in grado di convincere la Merkel che le sue riforme - per ora ancora sulla carta - possono far ripartire il Paese la strada è segnata. Servirà una manovra aggiuntiva, forse già a marzo. Altro che meno tasse.

Uno degli aforismi forse meno noti di Winston Churchill recita più o meno così: «Grecia e Balcani producono più Storia di quanto siano in grado di consumare», e il dramma di Atene non può che dargli ragione. Il 25 gennaio la Grecia dovrà nuovamente decidere a chi affidare la rinascita del Paese che ha «inventato» la democrazia. Se affidarsi all'austerity che ha quasi raso al suolo l'economia ellenica con il benestare di Bruxelles o se tentare la strada sinistra del calcio al rigore come vorrebbe il leader di Syriza Alexis Tsipras, che sembra sempre più intenzionato a portare la Grecia fuori dall'euro. Se Atene piangerà, non ci sarà da ridere né per Sparta né per l'Europa tutta. In cauda venenum , il veleno alla fine. È dagli Stati Uniti che è partito il contagio per l'economia europea, inoculato come un'Ebola finanziario nei cosiddetti titoli tossici.

Il 28 gennaio la Federal Reserve non dovrebbe decidere il rialzo del costo del denaro negli Usa, ma è questione di mesi, con ripercussioni pesantissime per la già fragile economia europea. E qualcuno si ostina a non chiamarla guerra.

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