Il clima di tensione in Turchia, all'indomani del tentativo fallito di un colpo di stato, si ripercuote anche sui luoghi delle minoranze cristiane. Nel mirino sono finite due chiese, simbolo del sangue versato dai cristiani uccisi in Anatolia. La prima è la chiesa di Santa Maria a Trebisonda, dove il 5 febbraio di dieci anni fa, fu ucciso don Andrea Santoro, sacerdote romano inviato «Fidei donum» in Turchia. Il secondo attacco è avvenuto nella chiesa protestante di Malatya, la città dove il 18 aprile del 2007 furono sgozzati tre cristiani evangelici, i turchi Necati Aydin e Ugur Yuksel e il tedesco Tilmann Geske, brutalmente assassinati nella sede della casa editrice Zirve, di cui erano collaboratori.
A dare notizia degli assalti è stato il sito Sat7Turk, il canale turco di Sat7, network che rappresenta la voce più significativa dei cristiani in Medio Oriente, e rilanciato da Mondo e Missione, la rivista del Pontificio Istituto Missioni Estere. Gli attacchi sarebbero avvenuti lo scorso 16 luglio, durante le manifestazioni a sostegno di Erdogan: nel caso della chiesa protestante, sono state scagliate pietre contro le finestre dell'edificio, mandandole in frantumi. A Trebisonda, invece, dove le manifestazioni in favore dell'Akp sono state particolarmente imponenti, una decina di persone si sono dirette verso la chiesa dove fu ucciso don Santoro (e ora retta da un gesuita francese) cercando di forzarne l'ingresso, senza tuttavia riuscire a entrare perché alcuni vicini musulmani hanno lanciato l'allarme. Non ci sono stati feriti, ma solamente lievi danni ad edifici in quel momento vuoti.
Tuttavia è preoccupante il carattere intimidatorio che avviene in luoghi altamente simbolici per la minoranza cristiana in Turchia. «Tutti noi condanniamo gli episodi di violenza dice al Giornale Maddalena Santoro, sorella di don Andrea si tratta di assalti ciechi contro chi, nel pensiero di alcuni, sono contro il governo turco. Ma occorre fare attenzione, da parte nostra e da parte loro, a non creare queste contrapposizioni fra chi sostiene Erdogan e chi no. Si tratta di desiderare il rispetto per tutti i cittadini; tutti sono uguali, tutti hanno diritto all'accoglienza, al rispetto, al riconoscimento. Era questo il sogno di don Andrea, di un Paese segnato dal dialogo e dalla fratellanza. Condanniamo l'episodio di violenza ma non bisogna aggiungere violenza a violenza perché altrimenti non ci sarà via d'uscita. Il discorso, in questo caso, non è religioso, ma unicamente politico: c'è un desiderio di supremazia, di affermazione. Noi vorremmo invece l'affermazione di un Paese democratico, come avviene negli altri Paesi europei». Le violenze che si sono create con il tentativo di golpe in Turchia sono state condannate anche da tutti i leader religiosi del Paese. «Il terrore e la violenza, da chiunque e da dovunque vengano, non devono mai essere legittimati e difesi- si legge in una dichiarazione congiunta - Uccidere anche solo una persona significa uccidere l'intera umanità e non può essere assolutamente accettato». La dichiarazione è firmata dal direttore degli affari religiosi Mehmet Gormez, dal patriarca di Costantinopoli, Bartolomeo I, dal rabbino capo della comunità ebraica turca, Izak Haleva, e dal patriarca armeno Aram Atesyan. Il vicario apostolico di Anatolia, monsignor Paolo Bizzeti, ha invitato ad «abbassare i toni» e a «cercare di comprendere quali siano le cause del malessere» all'origine del golpe fallito.
«Dove vivo io la situazione è tranquilla ha detto il vescovo ai microfoni della Radio Vaticana ma naturalmente c'è molta tensione. È difficile, anche per noi, comprendere le reali dimensioni di questo scontro e quindi bisogna essere molto cauti. Anche se la stragrande maggioranza delle persone è sicuramente pacifica e vive tranquillamente, non si può però negare che, in questi ultimi tempi, è stata praticata una politica dell'odio, dello scontro e questo evidentemente a un certo momento porta a una deflagrazione più grande.
L'unica cosa intelligente da fare è non esasperare i toni». Tuttavia c'è chi teme che il fallito tentativo di un colpo di stato non faccia altro che rafforzare il potere di Erdogan, con un conseguente indebolimento di tutte le minoranze religiose.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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