Il pressing di Forza Italia, i dubbi dei giuristi e della Consulta, l'imbarazzo del governo e del Pd. Il «caso De Magistris», il suo ricorso al Tar contro la decadenza prevista dalla legge Severino e il rinvio degli atti alla Corte Costituzionale, continuano a scuotere i palazzi romani. Silvio Berlusconi, la «vittima» più nota della norma, non ha intenzione di ammorbidire la sua offensiva. La tesi forzista è che il pasticcio giuridico di cui tutti ormai sembrano aver preso coscienza tragga origine da una legge a destinatario unico sulla quale in sede legislativa si è scelto di forzare la mano.
«L'assoluzione a Milano nel processo Ruby e la decisione del Tar di Napoli di rinviare alla Corte Costituzionale la legge Severino, che ha causato la mia ingiusta espulsione dal Senato, fanno sperare che dopo tanti mesi oscuri la giustizia possa prevalere sulla convenienza politica» dice Silvio Berlusconi al Tg5 . «L'applicazione retroattiva della legge Severino che procurò la mia decadenza da senatore è un sacrilegio» aggiunge nel nuovo libro di Bruno Vespa. Le richieste di modifica di Forza Italia - così come quelle di Ncd - si concentrano su uno degli aspetti più controversi della Severino: la sua retroattività. La tesi del Pd è che le questioni attinenti alla decadenza e alla incandidabilità (che la Severino stabilisce in 6 anni) debbano essere considerate come conseguenze di tipo amministrativo. Forza Italia replica che è una condanna penale che origina quell'effetto. «La retroattività della Severino grida vendetta» dice Mariastella Gelmini «ed è frutto del furore anti-berlusconiano, non della civiltà del diritto». Su questo fronte a Piazza San Lorenzo in Lucina sono convinti che tanto la Consulta quanto la Corte di Strasburgo non potranno liquidare l'anomalia con una scrollata di spalle. C'è anche chi come Michaela Biancofiore chiede di avviare immediatamente le pratiche, nella Giunta delle elezioni, per il rientro in Parlamento di Berlusconi. Forza Italia accoglie con interesse anche le parole del presidente della Consulta, Giuseppe Tesauro. «Tra il Parlamento e il giudice io preferisco sempre il Parlamento. Quindi, se il Parlamento volesse intervenire certo sarebbe meglio, più sano». Nell'eventualità che il Parlamento decida di non intervenire sui profili di incostituzionalità, il presidente sottolinea che «i tempi della Consulta dipendono innanzitutto da quelli del Tar, che deve inviare l'ordinanza, poi sono fisiologici, cioè 6-7 mesi, i tempi tecnici per gli avvocati». Poi commenta le parole di Berlusconi che ha auspicato prevalga la giustizia sulla politica: «Abbiamo tutti questa speranza».
Il Pd, naturalmente, su queste richieste fa orecchie da mercante. Nessuno, però, tra i dem nasconde la necessità di correggere il testo e, in particolare, evitare disparità di trattamento tra eletti. Un primo incontro dovrebbe avvenire in settimana tra giuristi e tecnici del Nazareno. Il punto critico è legato alle diverse disposizioni previste per gli amministratori locali rispetto agli eletti alle Camere e all'Europarlamento. Se nel primo caso la Severino interviene già dopo condanne in primo grado, nel secondo soltanto dopo sentenze definitive. Addirittura in Piemonte per Rimborsopoli rischiano il posto 4 esponenti locali, ma non un ex consigliere diventato nel frattempo senatore. Senza dimenticare le decisioni differenti dei giudici amministrativi. Mentre nel caso De Magistris il Tar campano ha accolto il ricorso, in altre occasioni è stato rigettato. La legge, insomma, fa acqua da tutte le parti.
Ma se in casa azzurra si spinge per inserire la modifica Severino nel pacchetto delle riforme istituzionali, il Pd vuole procedere soltanto a piccole limature. Senza concedere nulla che possa essere percepito dalla sua base come uno sconto o una concessione a Berlusconi.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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