Terrore e droga. Chi spaccia i deliri della jihad, spesso traffica anche con gli stupefacenti, oppure li usa a suo piacimento. Non si tratta solo del Captagon, l'oppiaceo sintetico che serve ai tagliagole Isis per non sentire dolore e paura. Si sa che i trafficanti, lungo le rotte del Maghreb, vengono protetti da gruppi islamisti in cerca di finanziamenti (e il servizio è lautamente pagato).
Passando all'Europa e allo spaccio, gli esperti riscontrano fenomeni di radicalizzazione in individui con profili criminali «classici». A proposito di Moleenbek e banlieue-polveriera, un professore della Sorbona esperto di Maghreb, Pierre Vermeren, sul «Figaro» (citato da «Avvenire») ha spiegato come «certi promotori locali del fondamentalismo jihadista avrebbero capito come far leva sugli squilibri interiori degli spacciatori già reclutati dalle reti criminali». Era un consumatore abituale di cocaina ed ecstasy, già spacciatore, il killer di Berlino Anis Amri, che finì la sua fuga su un marciapiede di Sesto San Giovanni, hinterland di Milano. Proprio a Milano, ai primi di settembre, un 44enne tunisino immigrato irregolare è stato espulso per esigenze di sicurezza nazionale. Era stato segnalato dagli Affari penitenziari come imam, propagandava il terrore jihadista facendo proseliti soprattutto fra i giovani e secondo il Viminale era stato più volte arrestato per reati comuni e coinvolto nello spaccio. Ancora a Milano, la Fondazione Eris, che ha in cura 800 tossicodipendenti, ha trovato altri segnali inquietanti. «Abbiamo riscontrato e segnalato - spiega il consigliere delegato Pietro Farneti - che il fondamentalismo avvicina persone che vivono per la strada e usano sostanze, per catechizzarle e invitarle ad aderire all'idea di estremismo armato, rendendosi disponibili». La fondazione ha una storia di attenzione alla minaccia fondamentalista. E a Milano la droga vive un drammatico «revival»: «C'è un ritorno, in giro c'è droga veduta a 4-5 euro - spiega Farneti - prezzi ridicoli con dimensioni spaventose. E sappiamo che questo mercato finanzia, oltre alla malavita, anche questo tipo di movimenti».
Esiste nella teoria un'ulteriore declinazione: la droga considerata essa stessa come un'arma: «Se parliamo di traffici, il discorso ci porta in Libia o in territori in cui i jihadisti non usano droga ma scortano i trafficanti - premette Giovanni Giacalone, analista Itstime-Università cattolica ed esperto di islamismo - parlando invece di spaccio sappiamo che danneggiare la società nemica con la droga, molti predicatori radicali lo considerano lecito, anche se poi in realtà spesso è solo un pretesto per cercare legittimazione. Nell'islam sunnita non c'è un'autorità centrale e il predicatore di turno può dare il suo consenso». «Quindi, da un lato abbiamo il Captagon, e ricordiamoci anche che i terroristi ceceni di Beslan erano pieni di eroina e morfina; dall'altro abbiamo un macro-spaccio che finanzia il terrorismo e un micro-spaccio che può collegarsi con gruppi islamisti». Parlando di spaccio, lo sguardo si volge alle periferie urbane. Il presidente del Consiglio municipale 4 Oscar Strano, fondatore di un comitato alle Case bianche visitate dal Papa, nota proprio in via Salomone strani subaffitti, «a prezzi che nessun in inquilino tipico potrebbe sostenere. Alloggi che di giorno sono vuoti e di notte si animano per traffici di prostituzione e spaccio». «Chi subaffitta fa parte della piccola criminalità».
E chi le prende? «C'è motivo di ritenere che ci possa essere una rete più forte pagare 1.200 euro per un alloggio piccolo e in periferia, è troppo anche per il mercato, ma il mercato chiede anticipi e garanzie. Qui nessuno sa niente, se non chi abita a fianco».
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