Francesco De Palo
Un fuoco appiccato per protestare contro le disumane condizioni in cui si trovano negli hotspot fatti costruire da Tsipras a Moria, ma soprattutto contro le politiche migratorie targate Ue che, dopo i miliardi spesi nell'accordo placebo con Erdogan, non hanno sciolto il tragico «ingorgo» presente ancora in Grecia.
I 6mila richiedenti asilo dell'isola di Lesbo, la cui capienza invece è di circa la metà, ieri mattina hanno protestato per il ritardo con cui si esaminano le richieste. Si sentono intrappolati nell'atollo all'estremo oriente del Mar Egeo e lo hanno fatto sapere alle autorità elleniche e agli addetti dell'Ufficio europeo per il sostegno alle procedure d'asilo (Easo) contro cui hanno gettato molotov e sassi. Il responsabile di Easo nell'isola, Jean-Pierre Schembri, chiede una maggiore presenza delle forze dell'ordine in loco. Ma il problema non è questo, dato che le proteste di isolani e albergatori contro la costruzione degli hotspots erano state tenacemente sedate nei mesi scorsi dai poliziotti anche con il lancio di lacrimogeni, sferrati contro chi chiedeva solo di non danneggiare il turismo locale.
Piuttosto la maggiore criticità si trova alla voce nuovi arrivi, che sono ricominciati dalle coste turche dove si trova la base logistica che gestisce anche gli arrivi sulle coste del Salento. Nello scorso fine settimana hanno toccato quota 330, di cui 116 a Lesbo, 64 nella vicina Chios e 156 a Samos, contribuendo a far lievitare le presenze nelle tre isole che, dinanzi ad una capienza massima di 5mila migranti, attualmente ne ospitano 11.500. La plastica raffigurazione del caos che sta andando in scena in Grecia si ritrova in un'azione dei Vigili del Fuoco di Lesbo, che ieri sono stati chiamati nei pressi del porto di Mitilini per spegnere un incendio scoppiato su un camion di mangimi, pronto a salpare per il Pireo: su quel camion erano decine gli immigrati pronti a nascondersi per tentare la fuga verso il continente. Solo l'incendio ha impedito l'ennesimo viaggio della speranza, come quello che sarebbe già stato effettuato dai 10mila migranti ufficialmente scomparsi da suolo greco e di cui il Governo non ha traccia.
Altro fronte caldo è a Evros, confine settentrionale tra Grecia e Turchia dove la permeabilità della frontiera fa il paio con un'invasione di clandestini. A lanciare l'allarme è il capo della polizia di frontiera, Chrysovalantis Gialamas, che chiede a Bruxelles di intervenire. Dopo il fallito golpe turco, ha dichiarato, i flussi migratori sono aumentati notevolmente. Lo definisce un «rubinetto aperto» con i fermi di migranti irregolari e rifugiati che hanno toccato il 91% dei passaggi, numero che è stato tre volte quello dei trafficanti di stupefacenti. Ma non si tratta di siriani in fuga dalla guerra, dice, quelli sono solo il 10%: siamo in presenza di una vera e propria flotta di pakistani tra i 20 e i 40 anni «tecnologicamente dotati». Dai trafficanti hanno ricevuto un gps a testa per arrivare in Grecia e da lì raggiungere l'Europa.
Intanto è allarme per i reati connessi alla presenza di minori non accompagnati. Due giorni fa a Katerini una coppia di cittadini bulgari è stata arrestata: stava per vendere a due donne un neonato di appena una settimana di vita a 8mila euro.
Il tutto nel giorno di insediamento di Anastasios Salter come nuovo segretario generale per l'immigrazione. Il suo predecessore, Odysseas Voudouri, si era dimesso due mesi fa denunciando sprechi di risorse e l'assenza di deleghe da parte del ministro dell'Interno, senza le quali era impossibile agire.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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