"La migrazione porta prosperità", parola di Angela Merkel. La cancelliera sarà anche dimissionaria ("lascio la politica", ha detto), ma non fa passi indietro e si (ri)prende la scena politica internazionale cavalcando l'accordo di Marrakech sulle migrazioni. Un balzo in avanti che tira in ballo l'Italia, il governo Conte e in particolare il ministro Salvini.
Per riaffermare una certa centralità tedesca in Europa, Merkel non poteva che sfruttare il Global Compact di cui è sempre stata grande sponsor. "Le migrazioni - ha sottolineato di fronte ai 163 delegati dell'Onu - quando sono legali sono anche una cosa positiva". Non è un caso se, proprio nel giorno in cui le Nazioni Unite hanno adottato il patto sul "diritto a migrare", Berlino e Parigi abbiano presentato (l'ennesimo) piano comune per la riforma del regolamento di Dublino.
L'ultimo tentativo era naufragato sotto i colpi del blocco di Visegrad e dell'Italia. Anche la Merkel fu costretta ad alzare bandiera bianca, ma ora torna all'attacco e insieme alla Francia sottopone agli Stati membri dell'Ue alcune modifiche ai trattati sulla gestione dei richiedenti asilo. "Il meccanismo di solidarietà - si legge nel documento fatto trapelare in questi giorni a Bruxelles - dovrebbe essere basato sui ricollocamenti come regola (al fine di creare prevedibilità e certezza per gli Stati membri in prima linea) con la possibilità per uno Stato membro, su base giustificata, di derogare non ricollocando e mettendo in opera misure alternative di solidarietà".
Uscendo dal linguaggio burocratico, si tratta di un compromesso che non accontenta nessuno e che rischia di ritorcersi nuovamente contro il Belpaese. Il governo italiano, come noto, da tempo chiede che venga messo nero su bianco l'obbligo di redistribuzione dei migranti sbarcati nei Paesi di primo approdo. Diversi Stati Ue si oppongono e ancora non si è arrivati ad una sintesi. La proposta franco-tedesca renderebbe i ricollocamenti obbligatori una "regola", ma manterrebbe viva una scappatoia per chi non intende farsi carico dei profughi. Basterà "motivare" la richiesta di deroga e assicurare alternative "significative", fermo restando che l'Ue deve assicurarsi che "un gruppo sufficiente di Stati membri prendano parte ai ricollocamenti obbligatori". Senza contare che il paese di primo ingresso dovrebbe comunque assumersi la responsabilità degli stranieri per un periodo di 8 anni. Otto anni. Quindi redistribuzione sì, ma solo in un futuro (molto) incerto.
Tra gli obiettivi di Berlino e Parigi c'è anche quello di "salvare" la missione Sophia. L'operazione navale rischia di saltare il 31 dicembre: forse verrà prorogata per tre mesi, ma Salvini continua a chiedere la revisione delle regole di ingaggio. Se così non sarà, Sophia chiuderà i battenti. È (anche) su questo punto che il progetto firmato Merkel-Macron troverà probabilmente le resistenze del Viminale: per i profughi salvati in mare da navi che partecipano a una missione Ue, infatti, il piano prevede che "gli sbarchi" debbano "avvenire nel porto sicuro più vicino". Quindi Malta o l'Italia.
Roma aveva chiesto (senza successo) di scindere tra "porto sicuro di sbarco" e Stato "competente ad esaminare le richieste di asilo", ma la proposta franco-tedesca non va in questa direzione. Anzi. L'Italia si ritroverebbe comunque meta di sbarco sia degli immigrati salvati dalle navi europee (anche se sono una minoranza) che di quelli recuperati da altri natanti (Ong, Guradia costiera, mercantili).
Inoltre, se passasse la riforma di Berlino, il governo nostrano dovrebbe poi assumersi la responsabilità dei migranti per otto lunghi anni senza la certezza di ottenerne la redistribuzione in Ue. Tradotto: una fregatura.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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