Proprio come era accaduto per il Dieselgate. Ogni giorno che passa emergono ulteriori indiscrezioni e cadono nuove teste. Il caso degli esperimenti per verificare gli effetti dei gas di scarico di motori diesel su cavie animali e umane, denunciato dai media tedeschi con al centro l'industria automobilistica del Paese, vede ora l'attenzione concentrarsi sempre più su Volkswagen. Il gruppo guidato da Matthias Müller, che ha già fatto cadere la prima testa (il capo lobbista Thomas Steg), secondo il quotidiano Bild avrebbe cercato di mantenere segreti i risultati di un test sugli effetti degli scarichi diesel sulle scimmie, a causa della presa di coscienza di un impatto sulla salute peggiore del previsto.
E sempre il quotidiano sostiene che i test sui fumi di scarico che hanno fatto ripiombare Volkswagen al centro delle cronache dopo la truffa sulle emissioni, «non avrebbero mai dovuto venire alla luce» perché i risultati sarebbero stati «troppo devastanti». La Bild, citando documenti riservati del gruppo automobilistico, sottolinea come lo studio che ha utilizzato dieci scimmie per cavie nel 2015, in un laboratorio di Albuquerque (New Mexico), era destinato a dimostrare che i gas di scarico diesel di un Maggiolino fossero più puliti rispetto a un vecchio pick-up della Ford. «Invece - si legge - questo non è stato dimostrato dai risultati», anche se il Maggiolino in questione montava uno dei dispositivi utilizzati per truccare le emissioni durante i test.
Vengono quindi svelati particolari drammatici sugli effetti dell'esperimento: dopo quattro ore di esposizione, il sangue è stato prelevato dalle scimmie e uno speciale endoscopio è stato inserito nelle loro trachea e nei bronchi attraverso il naso o la bocca. Alcuni degli animali che avevano inalato i gas di scarico del Maggiolino avrebbero mostrato un grado più elevato di infiammazione rispetto ad altri.
Il colosso di Wolfsburg, che ha nel frattempo perso il primato mondiale di vendite nel 2017 a favore di Renault-Nissan-Mitsubishi, ha etichettato i test come «non etici e ripugnanti». Nuovi colpi di scena sono comunque attesi nei prossimi giorni. La vicenda, infatti, ha ridato forza alla guerra all'auto e, in particolare, al diesel tout court, coinvolgendo anche il modo della politica e con il rischio di allargarsi ad altri costruttori. In pratica, lo stesso schema del Dieselgate.
Bmw, il cui nome è pure stato associato a questi test, ha scelto la strategia del profilo basso, limitandosi a prendere le distanze dal caso. La stessa tattica di Daimler che, però, ha deciso di sospendere - come Volkswagen - un proprio collaboratore. Si tratta del manager che operava all'interno dell'Eugt, l'istituto che aveva promosso i test. E sempre Daimler, che sarà assistita da uno studio legale esterno, conferma la volontà di investigare «a fondo sull'accaduto in modo che certe cose non si ripetano mai più; ci dissociamo dagli studi dell'Eugt e condanniamo gli esperimenti», così la nota diffusa ieri.
Il tema è all'ordine del giorno anche a livello politico. «Chi ha dato il mandato per effettuare test del genere deve aver completamente perso il senso della misura. Abusare di persone e animali per i propri scopi è atroce», il duro commento di Heiko Maas, ministro della Giustizia di Berlino.
La Borsa di Francoforte, intanto, sembra voler
restare alla finestra: le azioni di Volkswagen, a differenze dei giorni successivi all'annuncio del Dieselgate, ieri sono scese dello 0,88%, a 177,02 euro. E questo nonostante le nuove indiscrezioni pubblicate dalla Bild.
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