Quei maldipancia democratici ​per il possibile aiuto di Verdini

I nuovi "responsabili" diventano i nuovi "indispensabili". E la minoranza del partito sbrocca: "Tutti, ma Denis no"

Quei maldipancia democratici ​per il possibile aiuto di Verdini

Roma - Passi le due new entry , gli ex grillini Alessandra Bencini e Maurizio Romani, in lista d'attesa per traslocare nell'Idv e da lì «dialogare con il governo per incidere realmente sulla vita del Paese». E persino il soccorso azzurro, la coppia Sandro Bondi-Manuela Repetti, ormai è stato digerito: «Sono i più renziani di tutti - dice un esponente della sinistra Pd - sono i più presenti in aula a Palazzo Madama». Ma Denis Verdini con i suoi «responsabili», loro no, è troppo.

Più che un mal di pancia, un vero travaso di bile quello della minoranza dei democratici, costretta ad assistere all'ingresso morbido in maggioranza dei nuovi gruppi che Verdini sta preparando per sostenere Matteo Renzi al Senato, dove i numeri ballano assai. Uno dei primi a lanciare un grido d'allarme è stato Massimo D'Alema, scongelato giorni fa dall' Unità con una lunga intervista. «Il Pd? Non so dove stia andando. O si muove nella direzione di un rassemblement neocentrista, oppure si pone il problema di ricostruire il centrosinistra e di ricucire un rapporto con quella parte grande del nostro popolo che alle ultime elezioni ci ha lasciato».

Insomma, l'ex presidente del Consiglio ne fa una questione di identità, di scelte, di destra o sinistra. «Sono due prospettive alternative su cui davvero varrebbe la pena di aprire una discussione seria e non soltanto di affidarsi ai calcoli di un capo». Ma il capo in questo caso a quanto pare ha già deciso. E siccome la matematica non è un'opinione, senza i 25 parlamentari della sinistra Pd, al Senato il governo non avrà la maggioranza quando si dovranno votare le riforme istituzionali. Quindi, bisogna attrezzarsi.

Ecco, dunque, pronta la ruota di scorta gonfiata da Denis. Tredici - ma c'è chi dice quindici e chi solo dieci - verdiniani che offriranno «una sponda certa» al premier. Nessun ingresso ufficiale nella maggioranza, nessuna confluenza nel Pd. Diciamo, un voto all'occorrenza, quando serve.

Ma se i nuovi «responsabili» puntano a diventare i nuovi «indispensabili», Matteo Renzi invece spera ancora di poterne fare a meno. «Sulle riforme - ha spiegato - farò di tutto per ottenere il sostegno dell'intero partito». E chissà se da qui a settembre in questo «di tutto» c'è pure l'elezione diretta dei senatori. Sotto traccia la mediazione continua. A Palazzo Chigi pensano che, dopo qualche concessione, al momento del voto la fronda dei 25 potrebbe ridursi, forse dimezzarsi, rendendo così superfluo l'aiuto di Verdini. Del resto, spiegano, per la riforma della scuola è andata a finire così.

Intanto i gruppi sono quasi fatti. Si chiameranno Azione Liberale e sono pronti ad entrare in campo. Ma la sinistra del Pd il rospo Verdini, il «banchiere della supercazzola», non vuole proprio ingoiarlo. Dice Roberto Speranza, ex capogruppo alla Camera.

«Folle sostituire la sinistra con transfughi della destra. Il grande soggetto riformista del centrosinistra italiano, il Pd, non può essere il partito dove c'è dentro tutto e il contrario di tutto». Tutti tranne lui, Denis, il regista del Patto del Nazareno.

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