Roma - Suspence, attesa. Pure un filo di irritazione per il ritardo del verdetto della piattaforma Rousseau, una consultazione privata di poche migliaia di persone che blocca per ore la macchina istituzionale. Ma poi arriva il sì, con largo margine, quasi un piccolo plebiscito della base grillina, arrivano le parole di Luigi Di Maio e del Pd, e al Quirinale possono dare il via all'operazione governo. Giuseppe Conte avrà un'altra notte di tempo per completare la squadra prima di salire stamattina con la lista dei ministri, da concordare con il presidente, e sciogliere la riserva. Nel pomeriggio o domani il giuramento, giovedì o venerdì la fiducia: poi i giallo rossi potranno partire.
L'ultima mediazione, a questo punto, è quella con il Colle, che già da un paio di settimane ha fatto capire che ci sarà una «particolare attenzione», un faro acceso su alcuni ministeri chiave. Un prefetto al Viminale, un economista in via Venti Settembre, questi dovrebbero essere i paletti di Sergio Mattarella. Dopo la gestione sopra le righe di Matteo Salvini, il capo dello Stato non ritiene opportuno che l'Interno sia gestito da un leader di partito. Per quell'incarico serve una figura istituzionale, non troppo di parte, di cui si possano fidare anche gli avversari politici. Un posto dove si lavora molto e si appare poco: Luigi Di Maio insomma lì non andrebbe bene. Infatti per il capo politico dei 5s, che comunque pretende un dicastero di peso, sembra pronta la Farnesina. Beninteso, non è certo il profilo ideale dal punto di vista del Colle, che tra le feluche avrebbe preferito una personalità più robusta e esperta a livello internazionale, però insomma, non si farà una battaglia per questo.
L'altra casella sulla quale il presidente vuol dire la sua, usando il potere duale che gli assegna la Costituzione, è l'Economia. I conti del Belpaese sono a rischio, il governo dovrà preparare una manovra che eviti che scattino le clausole di salvaguardia e aumenti l'Iva, occorrerà uno sforzo sul debito per convincere la Ue. Al posto di Tria serve quindi una figura di «provato europeismo» e di una certa «autorevolezza» in materia di finanza pubblica. Altre preoccupazioni per la Difesa: anche qui è richiesto un ministro esperto, non uno sbarbatello. Tra i tanti nomi, Lorenzo Guerini potrebbe andare bene.
Poi il programma, sul quale l'intesa è già pronta. «Il lavoro è finito», dice Graziano Delrio. E Di Maio: «Tutti i nostri venti punti sono stati accolti». Vedremo se soddisferà le richieste del Colle, dove, insieme alla soddisfazione per aver risolto in meno di un mese una crisi difficile, resta un po' di scetticismo sul respiro del nuovo esecutivo. Mattarella durante i suoi giri di consultazioni aveva domandato due cose.
Fare presto, perché i problemi economici italiani e gli impegni internazionali non aspettano: e l'obiettivo è stato rispettato. E fare bene. Il presidente voleva un governo politico di legislatura: e qui i dubbi sulla durata e la coesione degli eterogenei giallorossi sono parecchi.
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