Il guaio è che molti somigliano alle parole che dicono, soprattutto da quando esistono i social. Basterebbe leggere i post dove si parla e si scrive, soprattutto quando non si ha niente da dire, per capire cosa ci abita dentro, mister Hyde o più spesso del dottor Jekyll, la grammatica e la sintassi insomma, come moderne impronte digitali. Ne sono convinti, oltre che la nostra osservazione quotidiana, anche quelli del World Well-Being Project, un gruppo di ricerca del Centro di psicologia positiva dell'Università della Pennsylvania, che hanno voluto misurare, probabilmente solo per fare conversazione, il benessere psicologico e fisico delle persone attraverso l'analisi di quanto scrivono sui social media. A far da cavia 75mila volontari, vivisezionati nei loro 15,4 milioni di messaggi, cioè 700 milioni di parole, da un algoritmo in grado di incrociare quello che scrivono e quello che dicono di essere sulla loro pagina facebook. Metodo scientifico non proprio impeccabile, lo scrive anche chi lo ha pubblicato sul proprio sito, Parolacce.org, cioè il serissimo Vito Tartamella, uno dei massimi esperti mondiali di turpiloquio, ma qualche verità pare esserci lo stesso. Non sarà proprio una fotografia di chi siamo, ma un selfie viene fuori di sicuro.
Tipo: gli uomini sono più volgari delle donne. Sembrava che la guerra dei sessi avesse pareggiato il conto invece no. Nella lista delle prime cento parole dette da lui infatti 16 sono parolacce. Gli argomenti preferiti, cioè ciò che scatena le sconcezze, sono il gioco, il calcio, la politica, il sesso e l'economia. Quando parlano della fidanzata o della moglie, i maschi si fanno introdurre dal possessivo «mia». Strano...
Lei invece ha un parlare, o meglio uno scrivere, quasi immacolato: fra le cento parole più usate dalle femminucce per esempio non c'è neppure una parolaccia. Mettono più cuoricini, scrivono più ti amo, dicono più «io» citano la mamma, o meglio la «mammina», i capelli e lo shopping. Poi però usano termini cjhe sembrano usciti dalla bocca di Meg Ryan in Harry ti presento Sally: eccitata, così eccitata, siiiiii, così... Come si suol dire: parole sante. E quando parlano di fidanzati e mariti dicono più «il suo» del «mio». Del resto questo vuol dire spettegolare tra amiche.
Dallo studio viene poi fuori che i ragazzi sono meno volgari dei propri genitori almeno fino alla maggiore età, poi diventano scaricatori di porto come tutti. Le parole del resto raccontano l'evolversi della vita: tra i 23 e i 29 anni vanno per la maggiore «al lavoro», «nuovo lavoro», «ufficio» e a fine serata «birra». Tra i 30 e i 65 anni la parola che comanda è «figlio», «mia figlia» e «i miei bambini», mano a mano che si avanza nell'età a prendersi il vocabolario sono «dio» e «preghiera».
Poi ci sono le categorie: per gli estroversi è tutto un esplodere di «feste», «ragazze» «non vedo l'ora». Gli introversi invece parlano a segni. Tra le prime dieci parole c'è solo «manga». Come quando parlano gli hikikomori. Le persone amichevoli sono tutte un «meravigliose», «benedetto» e «grande», le poco amichevoli preferiscon «merda», «puttana» e «dannazione». Ma anche uccidere, morto, odio, coltello e porno. Non avevamo comunque dubbi.
Come gli equilibrati che ti inondano di «successo», «bella giornata» e «pallacanestro» e i nevrotici che ti tormentano con «depressione, depresso», «odio» e «incazzato». Come si suol dire: uno è padrone di ciò che tace e schiavo di ciò di cui parla.
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