I resistenti di Azovstal e l'ultima battaglia. "Pronti anche alla fine"

Dai russi bombe al fosforo sull'acciaieria. Il diktat di Mosca: "No ai negoziati per Azov"

I resistenti di Azovstal e l'ultima battaglia. "Pronti anche alla fine"

Mariupol, Europa. Non passa giorno senza che la città martire dell'Ucraina faccia notizia, senza che le bombe la colpiscano, senza che la desolazione e la fame si accrescano di un po'. Non sono solo gli ordigni russi ad ammazzare. «I residenti - dice il consigliere del sindaco di Mariupol Petro Andryushchenko - riferiscono di un tasso di mortalità atipico. Molte persone di mezza età stanno morendo. Esaurimenti nervosi, mancanza di servizio medico, condizioni antigieniche e la fame sono i quattro protagonisti dell'Apocalisse a Mariupol».

Solo una completa evacuazione può salvare la città sul Mar d'Azov, che prima della guerra contava quasi mezzo milione di abitanti e ora è la prigione per decine di migliaia di fantasmi terrorizzati e affamati. Qualcuno riesce ad andarsene ma è lento stillicidio. Ieri un convoglio composto da 500-1.000 auto di civili evacuati da Mariupol è riuscito a entrare, dopo tre giorni di attesa, a Zaporizhzhia. E a poco serve l'ottimismo del presidente Volodymyr Zelensky, che spera di ospitare l'anno prossimo proprio a Mariupol l'edizione dell'Eurovision Song Contest che spetta all'Ucraina che sabato sera ha vinto l'edizione italiana con il gruppo Kalush. «Faremo tutto il possibile».

Certo al momento immaginare cantanti, appassionati e giornalisti da tutta Europa animare una città che è un enorme rovina appare il sogno di un'idealista. Di certo nel caso tutto andasse come ora appare difficile immaginare sarebbe bellissimo che la location fosse l'acciaieria Azovstal, che è ancora sotto attacco. I russi sono certi di farla cadere e di poter quindi prendere il controllo totale di Mariupol, strategico per saldare le conquiste nel Sud e nell'Est dell'Ucraina. L'esercito di Putin continua a lanciare attacchi di artiglieria pesante sull'acciaieria, impedendo al migliaio di soldati e miliziani asserragliati di andarsene. I russi, secondo il consigliere del sindaco Andryushchenko, avrebbero utilizzato per la prima volta anche bombe incendiare o al fosforo contro l'acciaieria. «Gli stessi occupanti affermano che sono stati usati proiettili incendiari 9M22C con strati di termite. La temperatura di combustione è di circa 2-2,5mila gradi Celsius. È quasi impossibile fermare la combustione. L'inferno è sceso sulla terra alla Azovstal». Questo è il danno. La beffa è che i russi avrebbero scritto su alcune bombe destinate a essere lanciate su Azovstal le parole pronunciate dalla band ucraina Kalush dopo la vittoria all'Eurovision per sensibilizzare l'Europa a salvare l'acciaieria. «Questa è la reazione dell'esercito russo alla nostra vittoria all'Eurovision 2022. In alcune fotografie in possesso degli Ucraini, la cui autenticità è però non dimostrabile, si vedono le bombe, non ancora sganciate, con delle scritte in inglese e in russo con un pennarello nero. In una si legge: «Aiutate Mariupol, aiutate l'Azovstal, ora», come detto dal frontman dei Kalush Oleh Psjuk sul palco di Torino. In un'altra «Kalush, come avere chiesto». In una terza le parole «Eurovision 2022» e «Azov». Inoltre figura la data di ieri: «14.05».

Vanno avanti anche i negoziati per evacuare l'acciaieria, che sono però una giungla quasi impenetrabile. Un'ulteriore ostacolo è rappresentato dai combattenti del battaglione Azov, che come precisa Vladimir Medinsky, capo della delegazione si Mosca ai colloqui con Kiev, «non potranno essere oggetto di negoziati politici». Per Medinsky si tratta infatti di «criminali di guerra». E che per gli Azov le cose si mettano decisamente male è confermato dai parenti dei miliziani, che ieri sono andati a Istanbul a ringraziare il presidente turco Recep Tayyip Erdogan per l'appoggio ricevuto.

Kateryna, moglie di un miliziano, ieri in una conferenza stampa ha detto che gli uomini asserragliati nell'acciaieria «hanno perso le speranze e si preparano alla battaglia finale, perché non credono in una soluzione diplomatica».

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