Approvare lo Ius soli? Non serve. Basta concedere il diritto di voto a tutti i residenti, comunitari e non, a prescindere dal fatto che si abbia o no la cittadinanza italiana. L'approvazione della riforma della cittadinanza è impantanata al Senato e la sua approvazione appare improbabile e dunque ecco un modo per aggirare l'ostacolo: far votare, non soltanto alle amministrative ma anche alle politiche, i residenti stranieri.
Questo il senso dell'appello Una persona, un voto promosso inizialmente da padre Alex Zanotelli, religioso e missionario italiano da sempre impegnato per i diritti dei migranti. Appello poi raccolto a sinistra da molti parlamentari che in questi giorni sono saliti a 176, rendendolo quindi assai più concreto. Insomma l'appello è diventato una solida proposta. Tra i firmatari tre ex ministri: Maria Chiara Carrozza, Giuseppe Fioroni e Cecile Kyenge. Tra i parlamentari i deputati Francesco Boccia e Cristian Iannuzzi ma anche Vannino Chiti, Monica Cirinnà, Giuseppe Civati, Paolo Corsini, Gianni Cuperlo, Alfredo D'Attorre, Loredana De Petris. Anche Piero Ichino che però sostiene la battaglia soltanto relativamente al diritto di voto alle amministrative.
La legislazione attuale prevede che i cittadini stranieri comunitari residenti in Italia e iscritti regolarmente alle liste elettorali possano esercitare il diritto di eleggere e di essere eletti, con l'esclusione della carica di sindaco nelle elezioni comunali e circoscrizionali. Ci si riferisce però ai cittadini comunitari. Tra i riferimenti normativi la Convenzione di Strasburgo, ratificata oltre venti anni fa dall'Italia, che prevede appunto il diritto di voto attivo e passivo per tutti gli stranieri purché residenti in modo legale in uno stato Ue nei cinque anni precedenti alle elezioni. Convenzione comunque disattesa da molti paesi Ue compresi Francia e Germania. Da anni poi giace in Parlamento una proposta di legge dell'Anci, l'Associazione nazionale comuni d'Italia, che chiede di concedere il diritto di voto a tutti gli stranieri residenti da almeno 5 anni per le elezioni locali.
Nell'appello firmato da 176 parlamentari si ricorda che «il presupposto de facto dell'appello è che vivono stabilmente in Italia oltre cinque milioni di persone non native, che qui risiedono, qui lavorano, qui pagano le tasse, qui mandano a scuola i loro figli che crescono nella lingua e nella cultura del nostro paese; queste persone rispettano le nostre leggi, contribuiscono intensamente alla nostra economia, contribuiscono in misura determinante a sostenere il nostro sistema pensionistico, contribuiscono in modo decisivo ad impedire il declino demografico del nostro paese; sono insomma milioni di nostri effettivi conterranei che arrecano all'Italia ingenti benefici» e dunque non si può «continuare a negare il primo diritto democratico a milioni di persone che vivono stabilmente qui». Esiste per i firmatari anche un presupposto de iure che è rappresentato appunto dal progetto di legge dell'Anci che detta le «norme per la partecipazione politica ed amministrativa e per il diritto di elettorato senza discriminazioni di cittadinanza e di nazionalità». Anche se la proposta riguarda soltanto le elezioni locali per i firmatari dell'appello quella « intelaiatura giuridica è riferibile anche tout court alle elezioni politiche». Gli stranieri residenti in Italia sono circa cinque milioni e tra questi gli extracomunitari sono circa la metà.
Visto che gli italiani sono sempre più restii ad andare alle urne, la sinistra è partita a caccia dell'elettore perduto. Nelle ultime politiche per la prima volta la quota dei votanti è scesa al 75 per cento e alle ultime amministrative l'astensionismo in molti casi ha ampiamente superato la soglia del 50 per cento.
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