Roma - Dottor Bertolaso, lei ha assunto una posizione molto dura sulla gestione recente della Protezione Civile, puntando il dito contro l'attuale catena di comando «duale». Per quale motivo?
«Purtroppo c'è stata una interferenza della politica che non doveva essere accettata. Mi fa male e non trovo giusto vedere che lo sforzo immenso compiuto nel primo decennio del Duemila per migliorare l'organizzazione della Protezione Civile venga dissipato in questo modo. Un patrimonio di competenza e passione buttato via per gli errori della politica».
Non teme l'accusa di voler speculare sul dolore?
«No. Io non faccio polemiche generiche, entro nel merito, segnalo fatti e circostanze, cerco di accendere i riflettori sui colli di bottiglia. Le inefficienze e gli errori commessi in questi giorni sono sotto gli occhi di tutti. Siamo un Paese del G8, non è accettabile quello che sta accadendo a 100 chilometri da Roma dopo sei mesi di emergenza. Se un medico si trova di fronte una persona che sta male cerca di aiutare e fa una diagnosi. La macchina dei soccorsi va migliorata, non possiamo subire in silenzio una vergogna come quella di queste ore».
Non teme di suscitare malumori tra gli operatori della Protezione Civile?
«Tanti operatori del volontariato sono disorientati da ciò che sta accadendo. La Protezione Civile è una grandissima squadra, va messa in condizione di operare al meglio. I risultati, purtroppo, sono sotto gli occhi di tutti».
Se quello che sta accadendo in queste ore fosse avvenuto con lei ancora in carica cosa le avrebbero detto?
«Mi avrebbero spellato o costretto a emigrare. Invece mi sembra che l'approccio sia quello di far trascorrere il tempo e far finire tutto a tarallucci e vino».
Ritiene sia stato un errore concentrarsi sulla ricostruzione con la nomina di Errani invece che sulla gestione dell'emergenza?
«Nominare Errani a macerie neppure rimosse è stato un errore di Renzi per questioni di alchimie politiche. Il punto è che è stata disarticolata la catena di comando e controllo. Chi comanda di fronte a un'emergenza, chi è che dà gli ordini? Curcio o Errani? Oppure Zingaretti e i presidenti di Regione? L'emergenza non è una ginnastica democratica, è una questione serissima, la tempestività può salvare vite umane. E in Italia l'emergenza è continua tra vulcani, nevicate, terremoti, incendi, il rischio idrogeologico del nostro territorio».
In Centro Italia lei ritiene ci sia stata una sottovalutazione dei rischi collegati al maltempo?
«Sì, si sapeva che erano previste violente nevicate. Io stesso dovevo andare nelle Marche ma ho rinviato dopo aver visto le previsioni del tempo. Bisognava adottare misure preventive, rinforzare i tralicci, fare arrivare mezzi dalle Regioni dove in queste ore ci sono le margherite. Sa quante turbine ha la Società Autostrade? Circa 250. Ne sono state usate una quindicina».
Zamberletti, il padre della Protezione Civile, sostiene che questa situazione è più difficile da gestire rispetto a quella de L'Aquila perché il territorio interessato è più esteso.
«Zamberletti scopre l'acqua calda, ma oggi la popolazione interessata è il 10% di quella colpita dalla tragedia del 2009 a L'Aquila. Le realtà che oggi sono rimaste isolate andavano protette e preparate nei momenti in cui non ci si trovava in emergenza. La mia parola d'ordine era: non lasciare mai nessuno solo. Miracoli non è possibile farne, ma bisogna pianificare, prevedere, organizzare».
Lei ha dichiarato di essere
stato in incognito ad Amatrice. Quale situazione ha trovato?«Ho trovato le macerie. Mi sembra si stia procedendo con una lentezza estenuante. Sinceramente non si ha la sensazione di una macchina che sta funzionando».
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