Quando Putin invase la Georgia nel 2008 e Silvio Berlusconi lo appoggiò, io con una decisione drammatica presa in una notte di malessere e dunque molto sofferta lasciai il Pdl e passai al Gruppo misto. Il mio fu un gesto forte e isolato, di quelli che poi si pagano, tanto è vero che non sono stato più candidato, come impone la logica della politica.
Ricordo questo frammento della mia storia per dire che non sono sospettabile di filo putinismo. Ma il tempo passa, le condizioni cambiano, la storia incalza con le sue angosciose novità. Tutti conoscono la massima, che nel suo apparente cinismo vale tanto quanto una legge fisica, secondo cui i nemici dei miei nemici sono miei amici. Lo ricordava negli anni Ottanta anche Giovanni Spadolini che era un anticomunista di ferro per dire che si doveva permettere all'Unione Sovietica di contenere l'estremismo islamico all'interno delle sue frontiere.
Basta ricordare come Roosevelt e Churchill, il presidente degli Stati Uniti e il primo ministro britannico, si schierarono con Stalin nel 1941, benché il dittatore comunista avesse cominciato la seconda guerra mondiale dalla parte di Hitler, salvo trovarsi pugnalato alla schiena dall'ex amico nazista. Churchill spiegò il concetto con umorismo britannico: «Se Hitler invadesse l'inferno, non mancherei in un discorso alla Camera, di fare qualche cenno cortese alla persona del diavolo». Obama, leggo dalla rubrica di Sergio Romano sul Corriere della Sera , si è affrettato a far rimuovere il busto di Winston Churchill dalla Casa Bianca.
Putin non è certamente Stalin, anche se appartiene alla categoria degli autocrati sorretti da un indiscusso consenso popolare. Dunque mi sembra evidente che se si deve - come decisamente si deve - condurre una guerra totale contro l'estremismo islamico, il califfato, il genocidio dei cristiani e delle minoranze, le decapitazioni ad opera di laureati a Oxford passati alla Jihad, bisogna scegliere e distinguere fra alleati e nemici.
Cominciamo col dire che la guerra al nuovo estremismo islamico va condotta per essere vinta, affinché sia eliminata per sempre una minaccia letale. Qui non si tratta di immaginare stermini nucleari, genocidi e altri armamentari che appartengono semmai alla propaganda del nemico. L'Occidente e soltanto l'Occidente produce scienza, tecnologia, ma anche leggi universali adottate dalle Nazioni Unite per conto dell'umanità intera.
Se qualcosa mi allarma ancora della Russia di Putin, straricca di petrolio, gas e giacimenti di ogni genere, è che quel grande Paese non produca oggi ricerca scientifica significativa, non produca medicinali d'avanguardia, sia carente nelle arti in cui la vecchia Russia era invece una protagonista. Mi auguro che un processo di rilancio della cultura, della scienza e delle arti possa modificare rapidamente quel Paese troppo pieno di milionari e miliardari che girano il mondo esibendo i loro portafogli pieni di gas di Gazprom.
Ma certamente, se la Russia è in una continua crisi di crescenza, le forze islamiche che ci muovono guerra nella crudeltà e nel sangue, con ferocia e ingiustizia, con viltà e strumenti di tortura, sono invece nemiche dichiarate di ogni progresso, persino del cambiamento della foggia dei vestiti, non rispettano le donne, non rispettano i bambini e non tollerano, semplicemente non tollerano, la presenza dell'altro, per motivi - se motivi si possono chiamare - etnici e religiosi.
La Russia, come prima l'Unione Sovietica, ha avuto e ha tuttora questo nemico potenziale in casa anche se le guerre cecene e le altre guerre limitrofe si sono stabilizzate. Ma pensare di fare la guerra al Califfato siriano-iracheno e ai suoi carnefici apocalittici, e contemporaneamente stringere d'assedio la Federazione russa per la vicenda Ucraina, è da pazzi.
Putin persegue chiaramente un disegno di recupero dei territori dell'ex Unione Sovietica fatta dissolvere da Boris Eltsin. Putin conta sulle forti minoranze etniche russe che sono insediate in ogni ex repubblica socialista sovietica, tutte dotate di passaporto russo e che altro non chiedono che ricongiungersi con una madre patria che appare ricca sfondata, fortemente identitaria e decisa a intervenire con le armi per sostenere questa sorta di «Alya» (il ritorno alla terra promessa) di tutti i russi che vivono fuori dalla Russia. Vaste programme , avrebbe detto il generale de Gaulle, ma tant'è: questo è il disegno di Putin ed è un disegno politico, per quanto egemonico e condotto con un certo disprezzo delle regole. Ma resta un problema politico, non di contenimento militare.
E qui veniamo all'America di Barack Obama, che è un'America, spiace dirlo a un filo americano come me, ipocrita, politicamente corretta (cioè di nuovo ipocrita), responsabile di aver sostenuto le sciagurate «primavere arabe» che si sono trasformate in inverni glaciali perché hanno tolto di mezzo dei dittatori satrapi e capricciosi per sostituirli con bande di tagliagole, taglia teste, ammazza-cristiani (non parliamo degli ebrei), gente che non cerca l'introvabile «pace in Palestina» e neppure la modernizzazione e il benessere dei loro Paesi, ma strumenti con cui aggredire noi, l'Occidente che per secoli ha combattuto e largamente sconfitto la propria barbarie interna, la propria inquisizione spagnola, le proprie satrapie, e ha saputo creare la prospettiva della storia, del progresso secolo dopo secolo, del progresso della fisica, della chimica, della letteratura, della musica, delle arti occidentali che oggi hanno come protagonisti migliaia di artisti specialmente orientali e anche russi.
Il Califfato ci vuole morti, o sottomessi con apostasia, umiliati e scherniti. I suoi adepti rifiutano come nemici i valori che hanno reso unico il progresso dell'Occidente, pur fra le sue mille luci e ombre.
Dunque ci hanno dichiarato una guerra totale e gli Stati Uniti di Obama non sono stati e ancora non sono all'altezza di questa guerra, benché Obama col suo telecomando faccia uccidere i bersagli proposti dall'intelligence con i droni. Ma gli Stati Uniti hanno sostenuto sciaguratamente i Fratelli musulmani e condannato l'intervento dell'esercito egiziano che in quel Paese è l'unica barriera contro il fondamentalismo. Gli Stati Uniti hanno consentito che l'occidentalizzante Turchia di Erdogan andasse a riempire il vuoto che loro hanno lasciato, trasformandosi in uno Stato sempre più islamico e sempre più lontano dai principi di Ataturk.
E in questo terremoto tellurico che sarà oggetto di studio nei prossimi secoli, non riesce a emergere una vera voce responsabile in questa piccola ridicola Europa del nulla, delle chiacchiere, del calibro delle banane, delle mille regole inutili, ammalata di altra political correctness ovvero di ipocrisia globale. E che cosa fa quest'Europa, Italia inclusa, totalmente assente, chiacchierona, inefficace e impotente di fronte alla guerra del jihadismo contro la nostra cittadella millenaria? Invece di trasferire un'armata sul campo di battaglia mediorientale va a fare la voce grossa sotto le mura di Putin minacciando sfracelli anche a nome della Nato, un altro organismo ormai senza né capo né coda di cui ho seguito le fatue elucubrazioni negli anni in cui sono stato membro della commissione parlamentare al suo seguito.
Sono segmenti di politica demenziale travestiti con i panni della presunzione, dell'alterigia, dell'incompetenza delle inconfessate compensazioni incrociate.
Se vogliamo combattere e vincere la guerra totale a quella parte dell'islam che ci ha mosso guerra - come abbiamo l'obbligo di fare di fronte ai nostri figli e alle generazioni future - allora dobbiamo affrontare per prima cosa questa guerra stabilendo con chi farla e con chi vincerla. Muovere guerra al Califfato di Siria e Irak e simulare contemporaneamente una guerra delle bandierine e delle dichiarazioni militaresche alla Russia è demenziale, ipocrita e politicamente corretto, cioè di nuovo ipocrita e di nuovo demenziale.
La ricetta giusta è quella che offre proprio Silvio Berlusconi con una competente e frenetica attività di mediazione e di contatto con Putin il quale, assicura, è molto determinato, il che lascia temere sviluppi non programmati e dunque insensati di cui l'Europa non ha davvero bisogno mentre è sotto l'attacco di un nemico vero, riconoscibile, dichiarato, armato e dotato degli strumenti per distruggerci o almeno farci soffrire, imponendoci di assistere passivamente a sgozzamenti, crocifissioni, seppellimenti di bambini vivi e altre immani prodezze. Questa è la guerra, questo è il nemico.
Per il resto, quanto al conflitto fra Russia, Ucraina e rivendicazioni di territori dell'ex unione Sovietica, sarebbe meglio varare una di quelle lunghe e spesso inconcludenti conferenze internazionali che hanno il pregio immediato di diminuire la pressione schiudendo la porta a soluzioni ragionate e civili, concentrando il fuoco dove sta il nemico da distruggere e sulle cui ceneri poi bisognerà spargere il sale e scrivere, come sulle ceneri di Auschwitz Jamais plus ça . Ciò non accadrà mai più.
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