Il padre è la madre di tutti i problemi dei figli, pensava Sigmund Freud, padre a sua volta della psicanalisi moderna che ha partorito il «complesso di Edipo». La trama è nota: il padre da uomo saggio e modello perfetto per un figlio via via diventa un nemico, da cui distaccarsi per crescere, un ostacolo che si frappone tra il figlio e la madre . A furia di considerarlo un «nemico», il padre oggi è praticamente sparito, ucciso a colpi di '68 e di femminismo . Una volta i figli si sforzavano di essere come i padri, oggi no. I genitori moderni anziché farsi «odiare» dai figli li accontentano. Sono loro a sforzarsi di essere come li vogliono i figli. E si vede.
Il problema è che di padre e madre non si può più parlare. Nemmeno in tv. E nemmeno tra gli psicoanalisti. Chi lo fa rischia di essere radiato. È la «maledizione» che da qualche anno colpisce Giancarlo Ricci, 50 anni di studi alle spalle e tre libri sul tema (Il tempo della postlibertà, Il padre dov'era, Sessualità e politica, Sugarco editore), finito alla sbarra davanti all'Ordine per aver detto su Rete4 tre anni fa una frase evidentemente gravissima: «La funzione del padre e della madre è essenziale e costitutiva del percorso di crescita». Come? Avete capito bene. «Sono stato in ballo per tre anni - dice Ricci al Giornale - è assurdo dover dimostrare che per educare un figlio serve un padre e una madre ». Anche la psicanalisi si deve piegare al politicamente corretto? Evidentemente sì, visto che secondo gli accusatori di Ricci l'affermazione sarebbe «discriminatoria nei confronti delle famiglie arcobaleno » e di chi ha perso la mamma o il papà. D'altronde quando è stata pronunciata, nel gennaio del 2016, si era in pieno delirio da legge Cirinnà sulle unioni civili («È stato un fatto gravissimo mettere il voto di fiducia su un tema etico», sottolinea lo psicologo), e quindi è stato facile per l'Ordine mettere Ricci sotto processo. Ci sono voluti tre anni, perché d'altronde il tema era veramente complesso, Freud mica ci ha messo poco a inventare la psicanalisi, ma alla fine Ricci è stato assolto per «insufficienza di prove»: 7 a 7 e favor rei. Con una serie di voli pindarici il consiglio dell'Ordine ha stabilito infatti che a essere processato non era tanto cosa aveva detto ma «come». Duecento secondi di parlato in una segmento da 40 minuti. Nel dispositivo infatti si legge: «Le sue affermazioni non erano riferibili a un proprio orientamento ma erano riportate in maniera da poter essere intese come la rappresentazione di un sapere condiviso all'interno della comunità professionale». «Servono mamma e papà ? Questo lo dice lei...» . detto in non psicanalese.
Nei tre anni di istruttoria non sono mancati i colpi di scena, due consiglieri sono stati ricusati (inutilmente) perché considerati i fautori della linea che vuole sostenere il pensiero Lgbt, un teste d'accusa più o meno «reticente», una camera di consiglio durata due mesi, dal 17 gennaio al 20 marzo, quando è stato comunicato l'esito a Ricci. «Tenere sospeso il giudizio per due mesi è sadismo, sapevo che c'era stata una sentenza...», è lo sfogo dello psicanalista finito dal lettino alla graticola. E ancora non è finita: «È il terzo procedimento disciplinare dopo quello del 2009 e del 2012, e ne ho altri tre.
È una specie di stalking», dice con la voce rotta, poi respira e cita uno dei suoi aforismi preferiti di Karl Kraus, amico di Freud: «La libertà di pensiero l'abbiamo conquistata. Adesso ci manca il pensiero». E pure il papà.
- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.