Io, in treno con un fucile. E non mi ha fermato nessuno

Il nostro cronista mette alla prova la sicurezza nei trasporti. E ne scopre delle belle

Io, in treno con un fucile. E non mi ha fermato nessuno

Ah beh, se lo dice il viceministro dell'Interno, Filippo Bubbico, siamo in una botte di ferro. Infatti al giornalista che gli chiede: «Dopo l'attacco sul treno Amsterdam-Parigi, esiste anche in Italia un concreto rischio di attentati ferroviari?», il braccio destro (anzi, sinistro) di Angelino Alfano, risponde con un categorico e rassicurante(?): «Al momento no». E per verificarlo direttamente, domenica mattina, mi sono trasformato in un potenziale «terrorista», con a tracolla una sacca nera e un fucile softair . Ma se in quella stessa sacca un malintenzionato avesse nascosto un fucile vero? Ecco la cronaca di quanto accaduto nel corso di circa due ore in giro «armato» tra stazioni, metropolitane e treni. Tra paura di essere scoperto. E timore di farla franca.

Prima tappa (ore 9)

Inserita l'arma in un fodero esco di casa: destinazione stazione Centrale di Milano. Prima tappa: metropolitana di Cimiano. Qui, sotto l'occhio «vigile» delle telecamere, sguaino il fucile, fotografando l'arma prima in prossimità dei binari e poi su una delle panchine lungo la banchina. Nessuno mi chiede conto di quanto sto facendo.

Seconda tappa (ore 9.15)

Entro nel treno che mi porterà, dopo 5 fermate, alla stazione Centrale. Adagio in orizzontale sui sedili la sacca da cui spunta, ben in vista, la prolunga del silenziatore. Alle mie spalle le porte si chiudono. Lo scompartimento si riempie. Nessuno interviene.

Terza tappa (ore 9.30)

Arrivo alla Centrale massicciamente presidiata dalle forze dell'ordine, ma nel sottopassaggio che porta ai treni non passa nessuno. Impugno il fucile. Scatto un po' di foto e proseguo nel mio tour.

Quarta tappa (ore 9.40)

Sono in prossimità dei convogli. All'imbocco dei binari il personale di Trenitalia fa passare solo chi mostra il biglietto. Lo esibisco, libero accesso. Nessuno verifica il contenuto della sacca.

Quinta tappa (ore 9.45)

Salgo sul treno e metto la sacca col fucile in verticale tra le gambe con il silenziatore che spunta. Il vagone si riempie. Nessuno si accorge del fucile. Neanche il controllore che, quel mio inquietante bagaglio, neppure lo nota. Passano anche due poliziotti. Tirano dritto. E io tiro un sospiro di sollievo...

Sesta tappa (ore 10.15)

Scendo alla prima fermata e faccio il viaggio a ritroso. Dopo mezz'ora sono nuovamente alla stazione Centrale. Appoggio la sacca «potenzialmente assassina» proprio davanti all'ingresso del comando Polfer. Intorno carabinieri e pattuglie miste polizia-esercito. Fotografo la scena, ma nonostante le telecamere, tutto fila liscio.

Settima tappa (ore 10.30)

Riprendo la metropolitana e risistemo la sacca col fucile sui sedili. Ancora una volta qualche sguardo perplesso, ma nulla di più.

Dopo un quarto d'ora sono di nuovo a casa. La mia giornata da finto terrorista si è conclusa in maniera indolore.

Ma l'arma fosse stata vera e io fossi stato un vero attentatore avrei potuto fare una strage: in metropolitana, in stazione, sul treno. Il tutto in una giornata dove le forze dell'ordine erano dispiegate al massimo proprio per «blindare» treni e stazioni. Secondo voi c'è da fidarsi?

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