"In Italia il partito dei giudici fa e disfa le leggi da decenni"

L'ex senatore: «Le continue invasioni di campo non nascono per caso I magistrati si sentono depositari della volontà popolare, un'anomalia»

"In Italia il partito dei giudici fa e disfa le leggi da decenni"

Prende una sentenza del 2009. E legge il passo decisivo in cui la Cassazione rivendica, testualmente, «la funzione interpretativa del giudice in ordine alla formazione della cosiddetta giurisprudenza-normativa, quale autonoma fonte di diritto». «Ecco - riprende Giuseppe Valditara, ex senatore di Fli e professore ordinario di Diritto romano all'università di Torino - la Suprema corte ci dice che il giudice è una fonte autonoma di diritto. È sconvolgente, capisce? Perché solo in Italia la magistratura arriva a concepirsi come soggetto normativo che affianca e sostituisce il legislatore. Le leggi, per capirci, le fa il Parlamento, ma la Cassazione si mette sullo stesso piano. Succede solo nel nostro Paese, ma la nostra storia è un susseguirsi di anomalie, una più inaccettabile dell'altra. Tutto si tiene». Tutto si spiega. Anche le feroci polemiche di queste ore. Piercamillo Davigo, neopresidente dell'Associazione nazionale magistrati, parla al Corriere della Sera e liquida la nostra classe dirigente: «I politici rubano più di prima, ma adesso non si vergognano». Scintille e ancora scintille sullo sfondo di un conflitto fra poteri che va avanti da troppi anni. Valditara ha appena scritto il libro Giudici e legge che vorrebbe essere una meditazione scientifica e tecnica sulla magistratura tricolore, ma basta sfogliare quelle trecento pagine dense di citazioni per incrociare l'attualità bruciante, le polemiche chi si ripetono sempre uguali, le esternazioni del partito dei giudici e di tutto l'armamentario del giustizialismo italiano.

Professor Valditara, perché parla di anomalie italiane?

«Perché le continue invasioni di campo delle toghe non nascono per caso».

Più d'uno a sinistra ci aveva spiegato che i giudici alzavano la voce per rispondere alle provocazioni e agli sconfinamenti di Berlusconi.

«Ma no. Quella è una battaglia dentro una guerra molto più lunga e complessa. Bisogna tornare indietro agli anni '50».

No, un attimo, partiamo dalla diagnosi: qual è la malattia?

«Gliel'ho detto: i giudici italiani si considerano in qualche modo i depositari della volontà popolare e di fatto scrivono e riscrivono le leggi, le interpretano, le disapplicano, fanno un po' quello che gli pare».

Non le pare di esagerare?

«Ma no. Sono loro a parlare di tutte queste cose. Prendiamo il testo della norma sulla legittima difesa, modificato nel 2006».

D'accordo, ma che c'entra?

«C'entra perché la modifica è stata di fatto annullata dai giudici che, interpretando le parole, spesso finiscono per rimettere il padrone di casa che si ribella ai ladri sul banco degli imputati. L'esatto opposto di quel che voleva il legislatore».

Ma come è possibile?

«Non solo è possibile, questo è solo un episodio dentro una strategia molto più aggressiva».

Addirittura?

«La sentenza che riguarda il rapporto fra la Renault e le concessionarie arriva ad un punto estremo: il giudice è autorizzato a modificare il contratto fra le parti. Non so se ci rendiamo conto della portata di questa considerazione: c'è un contratto e la toga lo modifica in base a sue valutazioni. Altro che equilibrio fra i poteri. Qua il partito dei giudici fa e disfa a suo piacimento. E d'altra parte, la sentenza numero uno della Corte costituzionale, nel 1956...»

Si fermi, non possiamo tornare all'ormai lontano 1956.

«E invece dobbiamo. Perché già quel lontanissimo verdetto dice che le norme della Costituzione non hanno un valore solo programmatico. E dunque in questo modo si scardina un'altra porta e si apre un varco enorme: gli articoli della Carta, che hanno un indirizzo politico, vengono applicati al caso concreto dal giudice che quindi esce dal recinto tecnico e fa politica, saltando la legge ordinaria. Siamo all'interpretazione costituzionalmente orientata».

In concreto?

«Per fare un esempio paradossale il giudice potrebbe arrivare ad annullare un contratto di affitto».

E perché?

«Perché potrebbe giudicare troppo alto il canone in relazione all'articolo 2 della Costituzione e dunque al dovere di solidarietà politica, economica, sociale».

Dunque, con la sentenza del 1956 i giudici cominciano a fare politica?

«Certo. Si avvia quel percorso perverso che arriva fino al verdetto che ricordavo del 2009. Con tutte le conseguenze che conosciamo».

Sia più esplicito.

«Solo in Italia la magistratura è organizzata per correnti che sembrano clonare i meccanismi e le divisioni del Parlamento».

Siamo a Magistratura democratica, alle toghe rosse...

«In proposito c'è un testo esemplare del 1970 di Franco Marrone. Marx ha affermato - nota Marrone - che il diritto non dà niente, ma sanziona solo ciò che esiste.

Che cosa esiste attualmente nella nostra società? Esiste il dominio di una classe, quella borghese, sulle altre. Chiaro? Il resto è solo uno sviluppo coerente di quel programma: un'oligarchia al posto della democrazia».

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